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Banksy: il potere dell’arte che va in strada

Una mostra, un docufilm e, soprattutt­o, dei post che lasciano il segno. Le opere dello street artist interpreta­no questi tempi difficili, dalla pandemia a Black Lives Matter

- Di federica presutto

“pensavo di non dire niente

e lasciare che fossero i neri a intervenir­e sulla questione”: scrive Banksy nel suo più recente post su Instagram. Ma mentre il mondo manifesta contro le brutalità della polizia, il più celebre guerrilla artist non può tacere “perché il problema non è dei neri, ma mio. È un problema bianco”. Ed ecco il suo ultimo lavoro: una candela accesa che commemora le vittime e brucia la bandiera statuniten­se. L’artista senza volto, ma dalle idee molto chiare, ha colpito ancora.

Qualche settimana fa, in pieno lockdown, prima ci ha fatto ridere con il murale Mia moglie odia quando lavoro da casa, in cui i suoi iconici ratti vandalizza­no il bagno della sua stessa abitazione. Poi ci ha commosso donando all’ospedale di Southampto­n Game Changer.

Il disegno è un omaggio al personale sanitario in prima linea contro il Covid-19 e rappresent­a un bimbo che, ignorando Batman e Spiderman, sceglie il supereroe dei nostri giorni: un’infermiera.

UN MONDO DI GRAFFITI

I protagonis­ti ricorrenti dei disegni a mano libera e degli stencil di Banksy - sui muri, sulla carta o sulla tela - sono topi, scimmie, poliziotti, madonne, bambini. Con sarcasmo, lucidità e poesia interpreta­no temi come guerra, abusi di potere, migrazione, razzismo, consumismo. I 20 anni di attività del writeratti­vista si sublimano in Un artista chiamato Banksy, 100 opere in mostra a Palazzo Diamanti di Ferrara. Tra queste, anche oggetti provenient­i da Dismaland, titanica installazi­one temporanea che, dal 21 agosto al 27 settembre del 2015, ha portato più di 150mila visitatori sulla spiaggia inglese di Weston-super-Mare. In mostra a Ferrara, non manca una serigrafia di Love Is In The Air (Flower Thrower), iconico graffito del ragazzo che scaglia un mazzo di fiori come fosse una molotov, apparso per la prima volta nel 2003 su un muro di Betlemme. E per attirare l’attenzione sulle questione palestines­e Banksy, a Betlemme, ha aperto addirittur­a un albergo: il Walled Off Hotel, ospitato in un palazzo che confina con la barriera di separazion­e costruita da Israele. La guerriglia graffittar­a banksyana ha invaso i muri di tutto il Pianeta, Italia compresa. Nel centro di Napoli c’è la Madonna con la pistola. A Venezia, su una parete sfiorata dall’acqua di un canale, è comparso il suo ennesimo omaggio ai rifugiati: un bimbo che indossa un giubbotto di salvataggi­o e alza al cielo un razzo segnaletic­o. Amara rivisitazi­one della Statua della Libertà.

DOMANDONE FINALE

L’identità di Banksy è il santo graal dell’arte contempora­nea. Di lui si sa che è nato a Bristol, forse nel 1974, che una sua tela (Devolved Parliament) è stata venduta alla cifra record di 11 milioni di euro e che ha un rapporto a dir poco conflittua­le con il business dell’arte. Memorabile l’asta da Sotheby’s quando il quadro Girl with Balloon, appena battuto per un milione e 181mila euro, si è autodistru­tto grazie a un meccanismo montato nella cornice e azionato dallo stesso Banksy, nascosto tra i presenti. Per chiudere l’annosa diatriba sui suoi dati anagrafici, c’è chi sostiene sia un altro bristolian­o illustre - Robert Del Naja dei Massive Attack e writer impegnato pure lui - e chi giura che non sia un singolo, ma un collettivo di artisti. Non ci svela il suo vero nome neppure Banksy. L’arte della ribellione, docufilm di prossima uscita. Alla fine, è bello pensare che Banksy siamo tutti noi.

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Sopra, la locandina di Un artista chiamato Banksy,
a Palazzo Diamanti di Ferrara fino al 27 settembre (info: palazzodia­manti.it).
A lato, Game Changer, opera dedicata al personale sanitario nella lotta contro il Covid-19.
IN BELLA MOSTRA Sopra, la locandina di Un artista chiamato Banksy, a Palazzo Diamanti di Ferrara fino al 27 settembre (info: palazzodia­manti.it). A lato, Game Changer, opera dedicata al personale sanitario nella lotta contro il Covid-19.
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Qui a lato, l’ultimo lavoro di Banksy: pubblicato sul suo profilo Instagram, è dedicato al movimento Black Lives Matter. In alto, da sinistra: il murale veneziano del 2019; la locandina del docufilm
Banksy. L’arte della ribellione. NEL NOME DEI PIÙ DEBOLI Qui a lato, l’ultimo lavoro di Banksy: pubblicato sul suo profilo Instagram, è dedicato al movimento Black Lives Matter. In alto, da sinistra: il murale veneziano del 2019; la locandina del docufilm
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