Banksy: il potere dell’arte che va in strada
Una mostra, un docufilm e, soprattutto, dei post che lasciano il segno. Le opere dello street artist interpretano questi tempi difficili, dalla pandemia a Black Lives Matter
“pensavo di non dire niente
e lasciare che fossero i neri a intervenire sulla questione”: scrive Banksy nel suo più recente post su Instagram. Ma mentre il mondo manifesta contro le brutalità della polizia, il più celebre guerrilla artist non può tacere “perché il problema non è dei neri, ma mio. È un problema bianco”. Ed ecco il suo ultimo lavoro: una candela accesa che commemora le vittime e brucia la bandiera statunitense. L’artista senza volto, ma dalle idee molto chiare, ha colpito ancora.
Qualche settimana fa, in pieno lockdown, prima ci ha fatto ridere con il murale Mia moglie odia quando lavoro da casa, in cui i suoi iconici ratti vandalizzano il bagno della sua stessa abitazione. Poi ci ha commosso donando all’ospedale di Southampton Game Changer.
Il disegno è un omaggio al personale sanitario in prima linea contro il Covid-19 e rappresenta un bimbo che, ignorando Batman e Spiderman, sceglie il supereroe dei nostri giorni: un’infermiera.
UN MONDO DI GRAFFITI
I protagonisti ricorrenti dei disegni a mano libera e degli stencil di Banksy - sui muri, sulla carta o sulla tela - sono topi, scimmie, poliziotti, madonne, bambini. Con sarcasmo, lucidità e poesia interpretano temi come guerra, abusi di potere, migrazione, razzismo, consumismo. I 20 anni di attività del writerattivista si sublimano in Un artista chiamato Banksy, 100 opere in mostra a Palazzo Diamanti di Ferrara. Tra queste, anche oggetti provenienti da Dismaland, titanica installazione temporanea che, dal 21 agosto al 27 settembre del 2015, ha portato più di 150mila visitatori sulla spiaggia inglese di Weston-super-Mare. In mostra a Ferrara, non manca una serigrafia di Love Is In The Air (Flower Thrower), iconico graffito del ragazzo che scaglia un mazzo di fiori come fosse una molotov, apparso per la prima volta nel 2003 su un muro di Betlemme. E per attirare l’attenzione sulle questione palestinese Banksy, a Betlemme, ha aperto addirittura un albergo: il Walled Off Hotel, ospitato in un palazzo che confina con la barriera di separazione costruita da Israele. La guerriglia graffittara banksyana ha invaso i muri di tutto il Pianeta, Italia compresa. Nel centro di Napoli c’è la Madonna con la pistola. A Venezia, su una parete sfiorata dall’acqua di un canale, è comparso il suo ennesimo omaggio ai rifugiati: un bimbo che indossa un giubbotto di salvataggio e alza al cielo un razzo segnaletico. Amara rivisitazione della Statua della Libertà.
DOMANDONE FINALE
L’identità di Banksy è il santo graal dell’arte contemporanea. Di lui si sa che è nato a Bristol, forse nel 1974, che una sua tela (Devolved Parliament) è stata venduta alla cifra record di 11 milioni di euro e che ha un rapporto a dir poco conflittuale con il business dell’arte. Memorabile l’asta da Sotheby’s quando il quadro Girl with Balloon, appena battuto per un milione e 181mila euro, si è autodistrutto grazie a un meccanismo montato nella cornice e azionato dallo stesso Banksy, nascosto tra i presenti. Per chiudere l’annosa diatriba sui suoi dati anagrafici, c’è chi sostiene sia un altro bristoliano illustre - Robert Del Naja dei Massive Attack e writer impegnato pure lui - e chi giura che non sia un singolo, ma un collettivo di artisti. Non ci svela il suo vero nome neppure Banksy. L’arte della ribellione, docufilm di prossima uscita. Alla fine, è bello pensare che Banksy siamo tutti noi.