Il tappeto più green della moda è virtuale
PAOLA SALVATORE
We Are With You, donando 3 milioni di euro alla Protezione civile. Abbiamo partecipato con il nostro contributo perché andava fatto».
Anche i Green Carpet Fashion Awards, l’evento che premia l’impegno per la sostenibilità delle aziende di moda, per questa edizione non sarà fisico. «Non potevamo fare un evento glamour dopo tanta sofferenza e morti. Dobbiamo esserci, far vedere che andiamo avanti, ma con il tono di voce giusto. E con Livia (Firth, fondatrice di Eco-Age, partner di CNMI nell’ideazione dei premi, ndr) ci è sembrato opportuno farlo digitale. Il Teatro alla Scala è ancora il luogo centrale dell’evento ma è tutto virtuale, onirico, e per fare questo ci siamo affidati a chi conosce bene questi linguaggi. Abbiamo individuato un regista, candidato ai Grammy Awards, che ha collaborato con artisti importanti, come i Blur, i Killers e i
Rolling Stones. Si chiama Giorgio Testi, italiano, è uno dei più bravi e l’abbiamo scoperto solo dopo il resto del mondo.
È un progetto unico che prevede ologrammi e realtà aumentata ideato da un team creativo d’alto livello che farà un evento mai visto prima, trasmesso su Sky il 10 ottobre in Italia, Europa, Stati Uniti e Cina con un appuntamento dedicato».
«Dal 2011 la Camera della Moda lavora attivamente affinché le nostre linee guida vengano adottate da tutto il settore sull’intera catena produttiva: dalle materie prime alle materie chimiche dei processi. Si dice che la moda sia tra i maggiori creatori di CO2, eppure l’Italia è tra i Paesi che producono in maniera più sostenibile. La realtà è che, quando si parla di moda in questi termini, si parla soprattutto di produzioni fast fashion. La moda di alta qualità impatta meno, perché il numero di pezzi prodotti è inferiore. Sarebbe bello che anche il fast fashion andasse in una direzione più sostenibile e di maggior efficienza e che la parola fast diventasse affordable fashion. Se loro non cambiano modalità, l’impatto di tutto ciò che chiamiamo moda sarà sempre alto. Questo comunque non toglie che dobbiamo tutti fare di più».
«Bisogna fare sistema, condividere le scelte. I grandi brand devono essere trainanti rispetto ai piccoli, ma anche rispetto agli artigiani, a tutti quelli che hanno bisogno di aiuto. Non sarebbe male che i governi italiano ed europeo si accorgessero che la moda ha bisogno di un aiuto mirato, specifico, che consenta di passare indenne questo periodo. La moda è la vera industria strategica del nostro paese: per immagine, perché non c’è migliore ambasciatore di valori positivi della moda, ovvero pragmatismo e creatività, e per i numeri. Siamo i primi esportatori con un fatturato di più di 70 miliardi di euro nel 2019. La moda è un’industria complessa che comprende terziario e commercio: quando sommiamo le tre categorie, andiamo a scoprire che forse siamo la prima. Ma noi italiani non la riconosciamo come industria strategica, quindi non elaboriamo misure dedicate, una follia. Mi aspetto che nel Recovery Fund ci sia qualcosa di specifico sulla moda per cercare di non perdere il primato che abbiamo nel mondo. Chiamo tutti a un’azione di responsabilità. Dobbiamo cercare di essere pragmatici, far andare avanti l’industria come si può, stimolare l’offerta, e vendere nei paesi dove c’è ripresa come Cina e Sud-Est asiatico. Restiamo uniti per creare voglia di consumare».
ELISABETTA SALA
(meglio: Venus insegue Serena) nelle graduatorie delle tenniste più forti del mondo. Nike ha celebrato questo legame pazzesco - e queste carriere parallele - con uno spot a loro dedicato dal claim forte, You Can’t Stop Sisters. Spiega Serena: «In tutti questi anni voi avete visto due giocatrici di tennis che cercavano di vincere una partita. Noi abbiamo visto due sorelle che stavano trasformando questo sport». Insieme, hanno realizzato l’ambizioso progetto paterno di costruire le tenniste afroamericane più perfette in uno sport precluso ai vertici, fino al loro debutto, ai professionisti della comunità nera. Chissà se per mettere la parola fine a una discussione usano anche loro il lapidario “game, set, match”.
AFFARI DI FAMIGLIA
Legame giocoso - sono due bimbe - per le principesse di Tik Tok, Charli e Dixie D’Amelio, palate di follower (soprattutto per la prima), profili distinti ma progetti comuni. Hanno 45 anni in due ma forti di un seguito irresistibile hanno appena lanciato la loro linea beauty, chissà se si spartiscono equamente il conto in banca. Percorsi quasi paralleli, tra passerelle e set cinematografici, per Cara e Poppy Delevingne. La prima, ex top imbronciatissima e sexy dal cachet milionario, profondamente diversa da Poppy, nata sulla scia della sorella più grande ma dall’allure più chic. Ecco, loro sono il classico esempio di “distanti ma non lontane”: si adorano, ma hanno passioni e affinità differenti. Ogni tanto si incrociano, come per il lancio di un brand di prosecco in collaborazione con Foss Marai in cui hanno coinvolto la terza sorella, Chloe. O come quando Cara, dalla vita amorosa assai disordinata, ha fatto da damigella alla sorella maggiore il giorno delle sue classicissime nozze. Ruolo, quello della damigella, interpretato magistralmente anche da Pippa Middleton, sorella più giovane di Kate. Mentre le femminucce seguivano commosse la “common” Kate sposare un principe, i maschietti (non solo loro, dai) preferivano concentrarsi sulle inquadrature di spalle della real cerimonia, dove un abito più che fasciante di Alexander McQueen sottolineava le curve della giovane Pippa. L’altra metà delle “Wisteria Sisters” (Kate e Pippa erano chiamate le sorelle glicine, arrampicatrici) ha fatto qualsiasi cosa pur di lasciarsi alle spalle l’etichetta di semplice socialite, tentando mille strade diverse. Alla fine Pippa ce l’ha fatta nel modo più trito possibile, con un bel matrimonio miliardario. Ma il patto di sorellanza con la queen to be Kate non si è mai rotto.
QUASI AMICHE
E questo è il momento più felice del legame tra sorelle, quando il legame di sangue fa l’empowerment e diventa sorellanza, appoggio incondizionato. Un sentimento “femminista” che può legare amiche, colleghe, pronte a farsi da spalla, sostegno nella buona e nella cattiva sorte, altro che matrimonio. E che contraddice la tesi malinconica di Simone de Beauvoir: “Le donne non dicono ‘noi’”. Sanno dirlo con potenza a volte, che siano legate dal sangue oppure no.
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