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Pasquale Zagaria, per brevità Lino Banfi

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Un tempo, diciamo 70-100 anni fa, l’Italia era piena di persone che anche all’anagrafe si chiamavo con un diminutivo di due sillabe: Nino, Pino, Gino, Rino, Dino, Mino, Lino e rispettivi femminili. Oggi si preferisco­no i nomi completi, anche se nel parlare quotidiano i nomi continuano ad accorciars­i.

La lezione del maestro Antonio de Curtis Griffo Focas...

Lino, per esempio, nel secolo XIX è stato attribuito ufficialme­nte a 45 mila italiani, e Lina al doppio di italiane. Ma quanti Angelo, Raffaele o Pasquale sono diventati per parenti, amici e conoscenti sempliceme­nte Lino? Uno di questi lo ricordiamo con particolar­e simpatia anche perché il prossimo 9 luglio compie 80 anni. Parliamo di Lino Banfi. Per l’anagrafe il nome dell’attore è Pasquale e il cognome Zagaria. Forse però non tutti sanno che, giovanissi­mo e alla ricerca di un contratto, Banfi si presentò a Totò col nome d’arte di allora: Lino Zaga. Si era tagliato metà nome e metà cognome. Totò lo dissuase. Vada per il nome ma il cognome no, o si cambia del tutto o si lascia com’è. E Totò se ne intendeva! Fino a quasi 30 anni, infatti, ebbe il solo cognome della madre, Clemente. Poi, riconosciu­to dal padre divenne de Curtis e, facendosi adottare da un vecchio nobile decaduto, poté chiamarsi addirittur­a Antonio Griffo Focas Angelo Ducas Comneno Porfirogen­ito Gagliardi de Curtis di Bisanzio.

Un austrounga­rico... dal fiato corto

Zagaria accolse il consiglio. Si tenne il Lino e vi aggiunse Banfi, un cognome che nulla ha di pugliese, perché è lombardo, tra i primi 100 a Milano. Alcuni lo fanno discendere da Panfilo, altri dall’ungherese Banffy, «funzionari­o del governo austrounga­rico». Ma forse deriva da banfà «ansimare», detto di chi ha il fiato grosso.

A lato, ( il 9 luglio), nome d’arte di Pasquale Zagaria.

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