Se ripenso ai miei
EZIO GREGGIO scrive per Sorrisi il racconto della sua
Se chiudo gli occhi e penso a «Striscia», qual è la prima cosa che mi viene in mente? È un pensiero lunghissimo. Quanto? Ventotto anni!
Un esordio da pionieri
Il primo pensiero va a una data: 7 novembre 1988. Per molti una come tante altre, ma un giorno importante della mia vita: quel giorno è andata in onda la prima puntata di «Striscia la notizia». La prima fu un’edizione un po’ sperimentale, c’eravamo io, Gianfranco D’Angelo, quattro veline botticelliane che scendevano dal toboga, cioè un tubone-scivolo che le catapultava in studio. E subito le prime grane con giornalisti televisivi della Rai e con qualche uomo politico. Fu un successo.
Venivamo dai cinque anni di consacrazione di «Drive in» che hanno cambiato la storia e l’uso del varietà in televisione. Cimentarsi in un tg satirico, tra l’altro quotidiano, era un’impresa ai... confini della realtà (parafrasando una serie televisiva di successo). Eravamo in una tv commerciale, i notiziari televisivi erano considerati cattedrali della verità, nelle quali solo i giornalisti potevano entrare. Ma poi è arrivato Antonio Ricci con la sua creatura, «Striscia», e fin da subito ha cominciato a seminare il dubbio nei telespettatori su ciò che propinavano i tg. Le notizie che davano non erano da prendere per oro colato.
La tinta viola di Pisu
Da quella breve edizione del 1988 in poi la trasmissione partì, segnò e continua a segnare la storia della tv italiana. Impossibile non ricordare tutti i conduttori che ho avuto al mio fianco, per lo meno i principali. Quando con Antonio Ricci pensammo a Raffaele Pisu, che avevamo incrociato casualmente in un’altra nostra trasmissione, « Odiens » , creammo un ponte tra la vecchia tv de «L’amico del giaguaro» (Pisu, Bramieri, Del Frate) e «Drive in», che era finito da poco. Durò due anni con quel matto di Raffaele. Una volta entrò negli studi coi capelli viola. Gli dissi: «Raffaele, ma che ti è successo?”. E lui: «Cosa, dove, perché?». «Hai i ca- pelli viola!». Corse davanti allo specchio e sgranò gli occhi: sua moglie gli aveva fatto una tinta «fatta in casa», uscendo senza ombrello aveva beccato una pioggia acida milanese che gli aveva fatto una strana reazione al colore. Quella sera andò in onda con una cuffia da doccia.
Quella sagoma di Ric
Poi come non ricordare Ric, del duo Ric e Gian. Riccardo Miniggio, una vera sagoma, tifoso del Toro, con lui furono altri due anni molto divertenti. Mi ricordava Fernandel, con quella sua dentatura equina.