Questa famiglia
PIF «A Palermo non si negava l’esistenza dei clan, ma non pensavamo fossero un pericolo per noi» dice l’ex iena che nella serie fa da voce narrante ci svela tutti i segreti di La mafia uccide solo
Tre anni fa col film «La mafia uccide solo d’estate» Pif, nelle vesti di regista e interprete, ha conquistato critica e pubblico, ha vinto premi e ha depositato il suo «marchio di fabbrica»: che è quello di usare la commedia per parlare di cose profondamente serie. Come raccontare con tono ironico e mai banale «Cosa nostra» cioè la mafia siciliana. E quello stesso spirito irriverente ha voluto adesso trasferirlo nell’omonima serie tv in sei serate tratta dal film, in onda su Raiuno da lunedì 21 novembre, nella quale sarà solo la voce narrante. Pif, come è nata l’idea della serie? «Mi è venuta quando scrivevo il film. Ho pensato che sarebbe stato bello poterla realizzare, perché in 12 episodi (ne vedremo due a serata, ndr) si ha la possibilità di raccontare molte più storie rispetto alla durata di un film. Nella fiction, per esempio, siamo riusciti a dipingere più aspetti della famiglia del protagonista, Salvatore, che nella pellicola erano rimasti sottotraccia».
Però non la vedremo recitare. Perché?
«Per il semplice motivo che in questa prima stagione si racconta la vicenda di Salvatore bambino. Poi, se sarà il caso, si potrà proseguire. E se si arrivasse a raccontare il protagonista adulto, non è escluso che possa tornare a interpretarlo».
Come nel film, lei racconta una storia autobiografica.
«Sì, racconto un periodo della mia vita: quella di un bambino che vive nella Palermo della fine degli Anni 70. Ma è anche un racconto generazionale in cui penso ci si possa identificare. È tutto squisitamente italiano. Al centro c’è una famiglia con i suoi problemi e le sue vicende di ordinaria quotidianità. C’è il desiderio di sistemarsi e avere una vita decente. Il problema è che per realizzare questa aspirazione spesso