Il commissario Montalbano
«Saranno gli episodi migliori». Parola di Luca Zingaretti
Quando gli chiedo che cosa pensa dello spot con Catarella che vola come Superman verso Vigata risponde con un sorriso e l’accento siciliano: «Niente sacciu» (« Non so nulla», ndr). Luca Zingaretti non ha ancora visto il promo che annuncia il ritorno in televisione de «Il commissario Montalbano»: due nuovi film in prima serata su Raiuno il 27 febbraio e il 6 marzo. Ma di una cosa è certo: «Anche stavolta cercherò di non deludere il pubblico che dal 1999 ci ha seguito con grande affetto nei 30 episodi realizzati fino a oggi» dice. I due film precedenti, trasmessi nel 2016, hanno superato il 40% di share. Un vero e proprio record.
Dica la verità, come si sente a essere il re della fiction?
«Guardi, io una verità ce l’avrei, ma non so se dirla o meno. La prima storia nuova che vedrete, “Un covo di vipere”, ci è venuta davvero bene. In genere va così: l’ultima cosa che fai è sempre la migliore. Ma stavolta azzardo e mi sento di poter affermare che è uno dei film più belli, se non il più bello di tutti».
Cosa significa per lei interpretare ancora Montalbano dopo tanti anni?
«È una passione, è sempre una sfida. Giriamo in media ogni due anni per due mesi. E ogni volta discutiamo fino all’ultimo, fino a un secondo prima di dare il ciak: ognuno dice la sua sulla battuta, sull’inquadratura, sul costume, sul luogo. Quando si crea una tale aspettativa nel pubblico che ti segue da così tanto tempo, ti assumi una grossa responsabilità e la devi prendere sul serio».
Di che parla il primo episodio, «Un covo di vipere»?
«È tratto dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri pubblicato da Sellerio nel 2013. Un imprenditore viene trovato morto nella sua casa al mare. In molti avevano un motivo per odiarlo: era un uomo orribile, uno strozzino che molestava e ricattava delle ragazze».
E il commissario indaga. Accanto a lui vedremo una donna: Giovanna. Salvo ne sembra un po’ turbato...
«Giovanna, interpretata da Valentina Lodovini, è un personaggio inquieto, una “dark lady”. Viene chiamata in com-
missariato perché ha a che fare con la vittima. E come tutti i familiari, gli amici e i condomini del palazzo della vittima, viene interrogata anche lei. Sul set con Valentina abbiamo sempre lavorato a stretto contatto. Montalbano va spesso a casa di Giovanna e poi... Non dirò come va a finire: è un giallo!» (ride). Il primo e il secondo episodio, «Come voleva la prassi», hanno qualcosa in comune? «Raccontano entrambi amori tragici, incestuosi. Come ci fa notare spesso il regista Alberto Sironi, Camilleri sa accompagnare Montalbano fino sull’orlo dell’abisso, costringendolo a guardare il male che si nasconde nell’uomo». In che modo si salva Montalbano quando si imbatte in un tale orrore? «Camilleri usa una bella metafora: la nuotata in mare. Ha un effetto catartico, purificatore. Quando si immerge in acqua, è come se Montalbano si mondasse di tutti i peccati, suoi e dell’umanità. Il bello di Camilleri è che ti porta per mano a riflettere sui fatti umani con la potenza della tragedia greca. Sarà la terra da cui proviene, saranno i suoi studi classici, ma ci riesce sempre».
Ma nello stesso tempo riesce a farci sorridere. Con la goffaggine dell’agente Agatino Catarella, le squisitezze della cuoca Adelina...
« La grandezza di Camilleri sta proprio nelle botte di ironia e autoironia. Sono imbattibili. Una grande sceneggiatrice che ho avuto la fortuna di conoscere, Suso Cecchi D’Amico ( autrice, tra gli altri, di “Ladri di biciclette” e “I soliti ignoti”, ndr) diceva che la vita non val la pena di essere vissuta se non si ride almeno una volta al giorno. Camilleri, che fa parte di quella generazione, e