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La porta rossa

Lino Guanciale e Gabriella Pession sono i protagonis­ti della nuova fiction di Raidue

- di Paolo Fiorelli

In «La porta rossa» Lino Guanciale e Gabriella Pession interpreta­no una coppia innamorata, ma con qualche problema di relazione. Del resto chi non ne ha? La seccatura maggiore è questa: lui è stato ucciso. Il che porterà a una intricata indagine per risolvere il mistero. Questo ci porta a chiedere...

Si può sapere a che genere appartiene questa fiction? Thriller o fantastico?

Lino Guanciale: «Direi che è di genere “transgende­r”! Nel senso che contiene le caratteris­tiche di entrambi. Io interpreto il commis- sario Cagliostro, un poliziotto che viene ucciso in un’imboscata. Ma anziché sparire continua a esistere sotto forma di spettro. E si mette a indagare proprio sul suo omicidio. Anche perché vuole salvare la moglie, minacciata dagli stessi assassini».

Gabriella Pession: «Veramente a indagare è più il mio personaggi­o. Tanto che la prima versione del titolo era “La verità di Anna”. Cercando questa verità, lei scoprirà di amare ancora il marito, ma solo dopo averlo perso. Era una coppia che non sapeva più comunicare, ma il sentimento che li univa non era scomparso. Solo che non riusciva- no più a vederlo. Lo trovo molto poetico e anche, purtroppo, molto vero: a volte è solo scavando nella memoria che capiamo quanto ci ha dato davvero una persona».

Non deve essere stato facile dare vita a una relazione così strana. Anzi, soprannatu­rale.

Guanciale: «Già. Poiché io interpreto un fantasma, sul set nessuno mi poteva né vedere né parlare. Addirittur­a certe scene le giravamo due volte: una con me e una senza di me. Mi sono sentito molto solo! Però è stato anche divertente».

Pession: «A dire il vero ci parliamo anche, in alcuni ricordi. Ma

nella maggioranz­a delle mie scene o Lino non c’era o io... non lo vedevo. Dovevo mostrare Anna che lotta contro il dolore e la solitudine. E anche contro tutti quelli che non credono alle sue verità, perché pensano che è solo accecata dal dolore. Invece è la più lucida di tutti».

Ma come fanno Anna e Cagliostro a comunicare, se lui è morto?

Guanciale: «Per fortuna il mio personaggi­o incontra una ragazza con facoltà di “medium” che lo aiuterà. E poi non è che sia proprio incapace di manifestar­si. Per esempio, se qualcuno gli sta antipatico, può fargli esplodere il frullatore in faccia. È uno dei poteri tipici dei fantasmi…».

Gabriella, lei ha recitato anche in serie americane come «Crossing Lines». Cosa le ha lasciato quella esperienza?

Pession: «Il gusto di osare, direi. In Italia a volte c’è la tentazione di andare sul sicuro e di raccontare delle storie già viste. Ma non è il caso di “La porta rossa”, che invece è una serie molto innovativa. Anche per questo motivo ho scelto di esserci». Avete girato a Trieste. Perché? Guanciale: «È una città misteriosa, perfetta per le atmosfere della storia. E poi nel porto c’è l’Ursus, una gru alta 80 metri. Da lassù il mio Cagliostro osserva la città ai suoi piedi. Ho girato senza controfigu­ra, col vento che mi sbatacchia­va qua e là, in equilibrio sul traliccio a 60 metri d’altezza. Lì ho rischiato di diventare un fantasma per davvero…».

Ma voi ci credete ai fantasmi?

Guanciale: «No, sono molto scettico. Però da quando ho scoperto che anche dei geni come lo scrittore Thomas Mann ci credevano, ho deciso di lasciare aperta una porticina al dubbio».

Pession: «Io alterno fasi di cinico scetticism­o ad altre in cui mi dico: “No, non può finire tutto qui sulla Terra”. Sarà anche che ho perso mio padre di recente: sì, oggi io ci credo. Però non ho paura dei fantasmi. Mi fanno più paura i vivi».

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UNA SQUADRA DI POLIZIOTTI E UN GIUDICE NATI DALLA MENTE DELLO SCRITTORE CARLO LUCARELLI Da sinistra, Lino Guanciale, Ivan Zerbinati (37), Alessandro Mizzi (52), Ettore Bassi ( 46, è il magistrato Antonio Piras), Fausto Sciarappa (50), Antonio Gerardi...

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