L’Oscar minuto per minuto
«E se avessero sbagliato a darmi il premio come con “La La Land”? Io me lo sarei tenuto» scherza l’artista
Cronista d’eccezione è Alessandro Bertolazzi, premiato per il Miglior trucco ................
Una tranquilla giornata da Oscar. Ce la racconta Alessandro Bertolazzi, che si è guadagnato la statuetta creando il look dei folli supercriminali di «Suicide Squad». «Tre ore di trucco per ogni personaggio» ricorda. «Pensavo di morire! Ma ne è valsa la pena». E sì, perché il 26 febbraio Alessandro ha vissuto il giorno più bello della sua vita... A che ora si è svegliato? « Non mi sono svegliato perché non ho dormito». Era impaziente? « Al contrario. Quasi mi dispiaceva che fosse arrivato il gran giorno. Fino a quel momento era stato tutto bellissimo: la nomination, i complimenti, le cene… e se adesso fosse finito tutto? In fondo il grande favorito era “Star Trek beyond”. Mi dicevo: lasciatemi sognare ancora qualche giorno, vi prego! Comunque verso le 11 ho buttato giù la colazione e sono passato direttamente dal pigiama allo smoking». Comprato apposta? «Fossi matto, se poi non vinci hai speso un sacco di soldi per niente. In questi giorni a Hollywood uno smoking costa anche 8 mila dollari… No, ho tirato fuori quello che avevo usato per l’anteprima di “Skyfall” a Londra».
E che ci faceva in smoking a quell’ora?
«Alle 13.50 è arrivata la macchina dell’Academy a prendere me e mia moglie. Il traffico è infernale e per arrivare al Dolby Theatre ci vogliono quasi due ore. E poi è tutto transennato: un sacco di barriere e di controlli. Avrò tirato fuori i documenti almeno dieci volte. Comunque alle 15.30 ci hanno depositato sul tappeto rosso». Subito in platea? «No, prima c’è una sessione di foto ufficiali. E poi tutti ai posti di combattimento. Alle 17.30 locali inizia la cerimonia e guai a non essere lì seduti. Dopo ti puoi anche alzare, ma solo durante gli stacchi pubblicitari. Esci, vai al bar e rientri a uno “stacco” seguente. Intanto al tuo posto ci pensa il “seat filler”». E chi sarebbe? «Sono addetti incaricati di occupare i posti liberi affinché non si vedano sedie vuote durante la diretta. Pensi che quando siamo rientrati mia moglie ha detto: “Alessandro ci hanno preso il posto, restiamo qui, non stiamo a disturbare”. E io: “Ma ti pare che se vinco l’Oscar posso
sbucare fuori dal bar?”». E finalmente il grande momento…
«Quando ho sentito la frase “And the Oscar goes to” (E l’Oscar va a...) mi girava la testa. Poi, un’esplosione di gioia e di incredulità».
Nel discorso ha citato i migranti. Era preparato?
«No, mi è venuto in mente guardandomi intorno. Hollywood è stata fatta da immigrati come me e mi sembrava giusto ricordarlo. Anche se avessi voluto preparare il discorso non avrei potuto scriverlo, e quindi sarebbe stato inutile». Davvero? È vietato? «Prima della cerimonia ti fanno vedere un filmato con
tutto quello che non si può fare. È una cosa tipo: “Sii veloce. Non leggere biglietti sul palco. Non baciare nessuno. E soprattutto non salutare la nonna, tanto lo sa già che le vuoi bene”».
Però lei ha salutato sua moglie Giovanna.
« E ci mancherebbe. E oltre a Giorgio Gregorini e Christopher Nelson, che sono saliti sul palco con me, vorrei ricordare anche la collega Marta Roggero».
Poi cosa vi siete detti?
«Era tutto un “Ma ti rendi conto?”. Perché l’Oscar ti fa entrare nell’Olimpo e divide la carriera in “prima” e “dopo”. Per dire: ora posso fermarmi a chiacchierare con Emma Stone. Prima mi avrebbe guardato infastidita». Poi è tornato al posto? «No, a quel punto comincia una trafila fatta di: ritratto ufficiale, conferenza stampa, firma del manifesto... Quando finalmente sono tornato in sala mi ero perso un’ora buona di cerimonia». Però ha fatto in tempo a vedere il pasticcio dell’Oscar dato per errore e poi tolto a «La La Land».
«Un errore sciocco, che mi ha stupito proprio perché ho visto con i miei occhi il perfezionismo che c’è dietro la cerimonia. Però il clima di festa non si è guastato più di tanto. E devo ammettere che gli autori di “La La Land” hanno incassato il colpo con grande stile».
E se fosse capitato a lei? Se avessero detto “Scusi c’è stato un errore, guardi che non ha vinto l’Oscar”…
«Avrei risposto: ormai me lo avete dato, col cavolo che ve lo rendo!».