TV Sorrisi e Canzoni

Il calcio e la tv, lemie sfide infinite

PAOLO ROSSI commenterà su Canale 5 il match di Champions Juve-Barcellona

- di Giampiero Timossi

Quando nel 1982 a Barcellona Paolo Rossi segnò tre gol al Brasile spianando la strada alla vittoria azzurra ai Mondiali, le telecamere erano poche e concentrat­e sull’azione di gioco. Niente «Bus-cam» per riprendere le squadre sull’autobus. «Ma c’era poco da documentar­e. Il ct Bearzot non mi disse neppure bravo, solo: “Pensa alla prossima partita. Farai gol, sei qui per questo”. Stop».

Sono passati 34 anni, oggi Paolo Rossi ne ha 60 e fa un mare di cose. «Sto aspettando un gruppo di clienti americani» racconta dal suo agriturism­o in Toscana. Di calcio ne sa ancora, e molto. Non a caso è il commentato­re di punta di Mediaset per la Champions. E martedì 11 aprile su Canale 5 (eccezional­mente visibile a tutti, dunque) dirà la sua sulla super sfida tra Juventus e Barcellona, forse la partita più attesa dell’anno. «Ok, faccio una previsione: 50% di possibilit­à di passare il turno» dice. «Rispetto alla finale di due anni fa la Juve è cresciuta, è più consapevol­e e per me anche più forte. Si sfideranno la miglior difesa e il miglior attacco della Champions». Rossi sarà in tribuna sia a Torino che a Barcellona, per la gara di ritorno. Ma intorno a lui tutto è cambiato: la tv, il calcio e il modo in cui le partite arrivano nelle nostre case.

Stavolta ci saranno telecamere ad alta definizion­e ovunque.

«La tecnologia aiuta, favorisce la diffusione del calcio. Lo dissi anche al mio ex

compagno di squadra Michel Platini quando era presidente della Uefa». Cosa gli disse? «Metti queste benedette telecamere sulle porte, il mondo va avanti. Un gol valido annullato è un’ingiustizi­a». E Platini? «Rispose che il calcio è fatto anche di errori. Va bene, ma alla fine l’occhio di falco l’hanno messo». Altri occhi, più indiscreti, sono le telecamere dedicate ad allenatori e giocatori. Ormai in campo tutti si parlano tenendo una mano davanti alla bocca per non essere «intercetta­ti». «Non mi scandalizz­o, ma i fatti vanno contestual­izzati. In campo si dicono tante cose. Serve più attenzione, vero, ma ormai è un business, con i suoi vantaggi e le sue accortezze». Lei come avrebbe vissuto una situazione del genere? «In una stagione alla Juventus venni sostituito da Trapattoni 19 volte. Non mi venne mai in mente di mandarlo a quel paese in pubblico. Ci chiarimmo da soli, faccia a faccia, non davanti alle telecamere. Se uno vuole evitare polemiche mediatiche può farlo anche oggi». A 34 anni di distanza da quel giorno a Barcellona è giusto dire che Italia-Brasile fu la partita più stressante della sua vita? «Mi giocavo tutto, lo sapevo: dentro o fuori, testa o croce. Dopo fu tutto diverso, facile e meraviglio­so. Le persone mi fermano ancora per strada, mi chiedono della Spagna, del Mondiale. Ecco, qui forse qualcosa è cambiato: oggi le vittorie si bruciano in fretta. Prima c’erano meno immagini, meno voci, meno notizie. La curiosità conserva il ricordo, ognuno ha il suo: dove eravamo, con chi, cosa abbiamo fatto dopo il 3-2 al Brasile o la finale vinta contro la Germania…». Lei cosa fece? «Mezzo, dico mezzo, giro di campo. Poi crollai a terra frastornat­o: vedevo solo le bandiere italiane. Non ricordo le facce, mentirei. Molti giornali misero in prima pagina la foto di un bimbo brasiliano in lacrime. Tre anni fa ero in Brasile, arrivò davanti a me un uomo. Aveva in mano un giornale del 6 luglio 1982: “Sono il bambino della foto”». Era ancora arrabbiato? «No. Abbiamo chiacchier­ato a lungo. Ora i brasiliani hanno capito che continuaro­no a vincere anche grazie a quella sconfitta».

Lei ha fatto molti gol, ha vinto tutto. Ha mai progettato un’esultanza in favore di telecamere, come oggi fanno in tanti?

«Mai, l’esultanza deve essere una cosa spontanea».

Sembra che purtroppo nessuno la veda più come lei.

«Già. Penso a Aubameyang del Borussia Dortmund. Segnava e s’infilava la maschera di Batman. Mi sono sempre chiesto perché. Forse proprio per farsi riprendere dalle telecamere».

Trentaquat­tro anni dopo sono dappertutt­o. A eccezione dei bus che portano le squadre allo stadio, per fortuna. Speriamo di non aver dato a qualcuno una cattiva idea.

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nella finale di Champions del 2015. I due stanno per ritrovarsi in campo. CAMPIONE DEL MONDO Paolo Rossi (60 anni)
e, sopra, nel 1982 con la maglia dell’Italia Campione del mondo grazie ai suoi sei gol.
RIVINCITA Lionel Messi (29) Andrea Barzagli (35) nella finale di Champions del 2015. I due stanno per ritrovarsi in campo. CAMPIONE DEL MONDO Paolo Rossi (60 anni) e, sopra, nel 1982 con la maglia dell’Italia Campione del mondo grazie ai suoi sei gol.

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