Quel rivoluzionario di Boncompagni
A metà degli Anni 60 ero tra i milioni di fan di «Bandiera gialla». Riuscii perfino a diventare uno dei ragazzi che frequentavano spesso il programma di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni (a pagina 22 il servizio a lui dedicato, ndr), grazie a un amico che trovò il modo di avere per diverse settimane di fila il «passi». Insomma, ci voleva addirittura la raccomandazione per vedere e ascoltare in diretta una vera e propria rivoluzione per la radio italiana. Arbore e Boncompagni lanciavano i successi internazionali, e i dischi che uscivano con quella bandierina in copertina avevano il successo assicurato. Ma partecipare al programma, tra belle ragazze, gridolini, la simpatia trascinante dei due conduttori (che andavano a ruota libera contro ogni convenzione precedente), è stato anche educativo per me che avrei poi lavorato nel campo televisivo. Renzo e Gianni erano diversissimi, ma insieme erano insuperabili. Arbore, più posato e riflessivo, Boncompagni, senza timidezze né freni inibitori e con una voglia di divertire e divertirsi che non lo ha mai abbandonato nella vita. Insieme erano la rivoluzione. Penso al dolore delle figlie di Gianni, ma sono sicuro che il papà ha trovato il modo di scherzare anche sulla morte. Penso alla tristezza di Renzo, cui tutti noi che abbiamo amato la loro radio e poi la loro televisione dobbiamo stare vicini.