Ciao Gianni, grazie per la tua folle intelligenza Emigrato al nord
Era un uomo fuori dagli schemi, sorprendente, ironico, cinico. E con una vita bella e avventurosa vissuta (quasi) sempre lontano dai riflettori
Dopo una lunga vita fortunata, circondato dalla famiglia e dagli amici se n’è andato papà, uomo dai molti talenti e padre indimenticabile»: così le figlie Claudia, Paola e Barbara hanno annunciato la scomparsa di Gianni Boncompagni. Che anche per il suo funerale aveva previsto uno «scherzo»: nella camera ardente (allestita negli studi Rai di via Asiago a Roma, dove aveva condotto « Bandiera gialla») c’era un austero quadro fiammingo con appiccicata la sua faccia. Un dettaglio che fa capire l’allergia alle celebrazioni dell’autore e regista scomparso il 16 aprile. Meglio allora evitare i paroloni e raccontare la sua
Gianni Boncompagni (1932-2017).
storia, che inizia in Toscana, ad Arezzo, «un posto dove» diceva «non c’era niente, neppure i semafori».
«A 18 anni me ne andai in Svezia con tre amici, in autostop, e ci rimasi dieci anni». Qui collabora con la radio svedese, fa da «cicerone» agli italiani illustri di passaggio (tra cui il premio Nobel Salvatore Quasimodo) e si sposa con un’aristocratica che gli dà tre figlie e poi lo molla. Lui ottiene l’affidamento esclusivo.
L’incontro fatale
Nel 1964 vince un concorso per programmatore di
musica leggera in Rai insieme a un altro giovane di talento: Renzo Arbore. È l’inizio di un sodalizio che durerà tutta la vita. Cominciano alla radio con due programmi che diventano presto di culto: «Bandiera gialla » ( dal 1965) e « Alto gradimento» (dal 1970). Ma cosa li rendeva così speciali? I due (con l’aiuto di complici come Mario Marenco e Giorgio Bracardi) giocano e scherzano, sono imprevedibili. Per dirne una: nella prima puntata Boncompagni legge, dal regolamento interno, la «lista delle parole che non si possono pronunciare in radio»…
L’arrivo in televisione
Nel 1977 «Discoring», la storica trasmissione di musica da lui ideata, segna anche il suo debutto in televisione. Dopo averla condotta per tre edizioni, lascerà il timone ad altri per concentrarsi su un nuovo territorio da conquistare: quello delle trasmissioni di mezzogiorno, allora agli albori. Nel 1983 fa subito centro con «Pronto, Raffaella?», che raggiunge picchi da 14 milioni di ascolto e segna l’incontro, non solo professionale, con la Carrà. Ha detto lui di lei: «Sono stato con lei dieci anni, più che con mia moglie. Eppure siamo diversissimi. Lei è una credente, nel senso che
crede in tutto quello che fa; io no». I due prendono casa uno di fronte all’altra e Raffaella fa da mamma alle tre figlie di Gianni. Anche dopo la fine del loro amore resteranno sempre molto legati. Seguiranno altre relazioni, tra cui quelle con Claudia Gerini e Isabella Ferrari.
Un passaggio a Mediaset
Nel 1991 passa a Mediaset per collezionare un altro clamoroso successo: «Non è la Rai», lo show che lancia Ambra Angiolini, Claudia Gerini, Laura Freddi. Seguono furiose polemiche (a chi lo accusa di fare «la tv del nulla» risponde semplicemente: «È vero, non voglio lanciare nessun messaggio. Che c’è di male?») e celebrazioni che durano ancora oggi (come il «Non è la Rai Day» dello scorso 12 giugno, che festeggiava i 25 anni dalla prima puntata). Poi arriva il sodalizio con Piero Chiambretti («Chiambretti c’è » dal 2001 al 2003 su Raidue) e nel 2008 il nuovo incontro con la Carrà in «Carràmba! Che fortuna».
Anche paroliere
Boncompagni ha firmato i testi di molte canzoni: da «Il mondo» di Jimmy Fontana, a «Ragazzo triste» di Patty Pravo e molti successi della Carrà (tra cui «Tuca tuca»). Un talento di paroliere che lui amava mascherare sotto un atteggiamento sempre scanzonato, con frasi come: «Guardo pochissimo la tv, mi sembra già abbastanza grave farla». O il suo motto beffardo: «Presto e male!».