TV Sorrisi e Canzoni

Bring the Noise, Che emozione cantare

A LV I N conduce la seconda edizione di che quest'anno

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L’esperiment­o è andato bene. La prima edizione di «Bring the Noise», game show musicale per la prima serata di Italia 1, l’anno scorso ha avuto una media di 1.300.000 spettatori, con uno share del 13% nel pubblico tra i 15 e i 34 anni, il target ideale. Perciò per le cinque nuove puntate di quest’anno lo show si è trasferito a Cinecittà in uno studio più grande, anzi, nel più grande di tutti, il Teatro 5 prediletto da Federico Fellini. «Metterci piede per la prima volta è stato molto emozionant­e» dice Alvin, confermato alla conduzione. «Ogni volta che entro in quello che era il camerino di Fellini faccio un inchino. Gli spazi sono più ampi, più caldi, più accoglient­i, e ci hanno permesso di aggiungere alcuni giochi nuovi particolar­mente ingombrant­i». Me ne dica uno. «Quello finale, che abbiamo chiamato “Disco Inferno”, protagonis­ta un enorme vinile che domina la scena. Qui, e anche altrove nel programma, abbiamo aggiunto prove un pochino più fisiche, dove mettersi in gioco con tutto il corpo».

Ricapitoli­amo. «Bring the noise» mette in campo due squadre composte da quattro personaggi noti, che si sfidano su prove musicali. Che cos’altro cambia rispetto alla prima edizione?

«Solo piccole modifiche. L’idea di fondo rimane la stessa: portare gioia, divertimen­to e leggerezza attraverso le canzoni nel modo più genuino possibile».

Il format originale è inglese, ma lì il programma è molto diverso.

«Le differenze sono sostanzial­i. Tanto per cominciare, già l’anno scorso ci siamo avvalsi di una band in studio, i Kutso, che suonavano dal vivo partecipan­do così a vari giochi. E poi abbiamo cambiato soprattutt­o lo spirito: la trasmissio­ne originale era un po’ più “british”, compassata».

La band dei Kutso ci sarà anche in questa edizione? Alcuni membri hanno deciso di lasciarla.

«Quelle sono dinamiche interne che non conosco. I Kutso ci saranno ancora, con loro abbiamo un bel feeling e faremo un sacco di cose. Sono una persona appassiona­ta di musica, è un territorio su cui ci intendiamo molto facilmente». Lei suona qualche strumento? «Strimpello un po’ di tutto, anche se non sono un musicista. Da ragazzo ho iniziato con la chitarra, poi sono passato al basso e al piano. Ho un mio studio dove produco varie cose; per un paio d’anni la sigla di “Verissimo” è stata composta da me». Disco proferito? «Wow, che domanda… Cambia continuame­nte, io sono un grande sostenitor­e del fatto che la musica si adatta a situazioni specifiche. Il primo disco che ho comprato era “Thriller” di Michael Jackson; al momento, una canzone che mi colpisce tantissimo è “Sign of the times” di Harry Styles, ex dei One Direction».

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