Fermate il tempo, devo fare ancora tutto
IVA ZANICCHI Dal coro della chiesa a SELFIE su Canale 5, la cantante ripercorre la sua carriera con una super intervista a volo... d’aquila «Altro che stanca: sono arrabbiata con gli anni che passano perché ho troppi progetti da realizzare»
La villa di Iva Zanicchi, immersa nel verde della Brianza, è un po’ come lei. Bella ed elegante, ma allo stesso tempo familiare e informale. La padrona di casa rende le cose ancora più facili sostituendo la consueta offerta di una tazza di caffè con un più promettente: «Ti va un bel bicchiere di vino rosso?». Offerta accettata, naturalmente. Sommelier d’eccezione, il produttore musicale Fausto Pinna, compagno della cantante da oltre 30 anni. Il suo Barbera è di quelli che ben dispongono alla chiacchierata. Iva, partiamo da «Selfie».
«Mi piace il mio ruolo di “mentore”. Ho la possibilità di fare del bene alle persone e di scegliere quali storie sviluppare. Mi colpiscono le situazioni in cui un’imperfezione fisica è causa di sofferenza psicologica. Per famiglie normali un intervento di questo genere è molto costoso». Il cast è abbastanza affollato. «Sì, ma sono attorniata da persone carine. La mia “vicina” Barbara De Rossi, oltre che una brava attrice, è una persona molto gradevole. E poi, vogliamo parlare di Stefano De Martino? Sono innamorata di quel ragazzo, di come parla, delle cose che dice: è davvero una persona intelligente. Inoltre nelle pause facciamo a gara di barzellette. Io le conosco tutte, ma devo dire che lui mi ha battuto, è riuscito a raccontarmene una nuova. Con Platinette ci stuzzichiamo, ma è un gioco. Ci stimiamo e ci vogliamo bene. E poi c’è Simona Ventura, una davvero brava, che sa tenere in pugno il programma». Lei è nata a Ligonchio, 816 abitanti in provincia di Reggio Emilia. Immagino che negli Anni 50 per una ragazza non fosse proprio il posto più comodo per
sognare le luci della ribalta.
«In realtà sono nata a Vaglie, una frazione della frazione. Pensare di fare la cantante in un paesino come quello era come se oggi un ragazzo dicesse: “Voglio andare su Marte”. Non c’era nulla, ci arrivava la corriera una volta al giorno, non c’era neppure la strada asfaltata. Mia nonna aveva una piccola osteria, l’unica del paese, dove le donne non entravano neppure quando venivano a chiamare i mariti ubriachi. Là dentro, complice il vino, si cantava sempre. Tutti cori di montagna. Io facevo parte del coro degli uomini, avevo una voce potente. Pensi che il
prete in chiesa mi sgridava: “Canta più piano che copri gli altri bambini”. E io tornavo a casa piangendo...». Dai cori di montagna alla musica leggera come ci è arrivata?
«Grazie a Silvio Gigli, autore e conduttore radiofonico, che veniva nei paesi e li faceva gareggiare tra loro. Fece sfidare Collagna con Castelnuovo Monti. Quelli di Collagna mi «acquistarono» e così cantai alla radio. L’impresario Gianni Ravera mi sentì e scrisse al comune di Ligonchio. Il sindaco lesse la lettera davanti a tutto il paese: Ravera m’invitava al Festival di Castrocaro». Come è arrivato il successo?
«Sono stata fortunata, perché il mio successo è stato graduale. Non ho avuto il boom immediato come Caterina Caselli. Lei era quasi sconosciuta, poi fece “Nessuno mi può giudicare” e il giorno dopo non poteva uscire dall’albergo. Io all’inizio ho anche sofferto, perché dopo Castrocaro ho dovuto aspettare per andare a Sanremo. La mia casa discografica era giovane e inoltre aveva scritturato Mina, su cui convergevano tutti gli sforzi. Io mi dovevo arrangiare da sola. Capii che il vento era girato quando a Milano nel 1964, alla stazione Centrale, vidi un facchino che cantava la mia “Come ti vorrei”. Un’emozione così non l’ho provata neanche quando ho vinto nel ‘67 il mio primo Sanremo. Pensai: “Allora qualcosa è successo!”. Quel disco vendette 450.000 copie. Poi sono arrivati i successi a Sanremo: “Zingara” nel 1969, “L’arca di Noè” nel 1970,
IVA ZANICCHI
“Ciao Cara come stai?” nel 1974». E con quei successi, le grandi tournée mondiali.
«Già, e pensare che fino a 19 anni avevo visto solo Reggio Emilia. Sono stata dovunque. In Unione Sovietica sono stata la prima europea a fare un tour, ben 45 spettacoli. A Mosca c’era andato Elton John, ma nel resto del Paese non si avventurava nessuno. Però, dal punto di vista mediatico, ero una sprovveduta. Un disastro. Due anni dopo ci andò Morandi e riempì i giornali. Non avevo accanto a me gente all’altezza della situazione, persone che mi sapessero aiutare». Anche la televisione le ha dato grandi soddisfazioni.
«È il mezzo che mi è più congeniale. Ho fatto per 13 anni “Ok, il prezzo è giusto!” e non avevo autori. C’era grande spontaneità. Il pubblico arrivava da tutta Italia a proprie spese e portava la torta, il salame, era bello. Ma prima, nel 1985, condussi “Facciamo un affare”, un antenato dei pacchi di “Affari tuoi”. Due anni più tardi presi il posto di Gigi Sabani a “Ok, il prezzo è giusto!”. Pensi che dovevo farlo per un solo anno...». Con il cinema, invece, il rapporto è stato fugace. « Girai un musicarello, “Una ragazza tutta d’oro”. Un’esperienza allucinante. Fallì la produzione e non girarono neppure il finale, che poi ricucirono alla bell’e meglio. Di recente, però, ho girato un film di cui sono quasi la protagonista. S’intitola “Viva gli sposi”. Lo abbiamo girato per il 90% in America. È una commedia brillante con Paolo Villaggio, Lando Buzzanca, Marisa Laurito, Carlo Pistarino, Gianfranco D’Angelo, Corinne Clery, Giulio Berruti e alcuni giovani di talento. Uscirà prima di Natale». È vero che Fellini le aveva offerto il ruolo di Gradisca in «Amarcord»? «Sì, ed è un grosso rimpianto non aver accettato, anche se poi fui d’ac-
cordo con lui quando mi spiegò che il ruolo non era adatto a me. Mi disse: “Tu non sei una donna caramella, da succhiare. Tu hai quest’aria distinta”». Accettò di posare per «Playboy».
«È stata una stupidata. Me ne sono pentita. Per timore che mio padre lo vedesse andai a Ligonchio, mi misi d’accordo con l’edicolante e gli prenotai tutte le copie. Papà lo venne a sapere lo stesso da amici. Gli dissi: “Papà, quel servizio dovevo farlo per “Famiglia Cristiana”, ma siccome è venuto un po’ spinto lo abbiamo dato a “Playboy”». Dell’esperienza da europarlamentare, invece, si è mai pentita?
«No, perché nella politica ci credo. Ci ho messo il cuore e l’anima. La prima volta subentrai a legislatura iniziata e fui poco presente, perché avevo un sacco di contratti firmati e impegni da onorare. Le seconda volta, invece, sono stata uno degli europarlamentari italiani più presenti in tutta la legislatura, con oltre il 97% di presenze in aula». Che rapporto ha con il trascorrere del tempo?
«Sono abbastanza arrabbiata con lui, perché ho ancora troppi progetti da realizzare. Ho scritto la mia autobiografia, vorrei fare un programma tutto mio e incidere ancora un disco. Dal prossimo ottobre, poi, sarò a teatro con Marisa Laurito. E se un giorno mi stufo dello spettacolo lo sa che cosa faccio? Apro un ristorante».