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CHI HA INCASTRATO PETER PAN? Su Canale 5 Paolo Bonolis e Luca

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Entro nel teatro 18 di Cinecittà ed eccomi nel mondo delle favole: grandi orologi scendono dal soffitto, oppure sono proiettati sulle pareti. Alcuni vanno all’indietro, altri sono fermi. E poi due enormi alberi, case in miniatura, lanterne, un tendone del circo. Sul palco, vecchi giocattoli di legno, un cavallo a dondolo, dei piccoli letti a formare una nave. Quella della fantasia. È il mondo di Peter Pan. Padrone di casa, al momento intento a fare scherzi a Luca Laurenti in versione mago-filibustie­re, è Paolo Bonolis, che dal 21 settembre conduce su Canale 5 la quinta edizione di «Chi ha incastrato Peter Pan?».

Paolo, oltre a questo studio straordina­rio quali sono le novità?

«Una nuova generazion­e di bambini. L’ultima volta che abbiamo realizzato questa trasmissio­ne è stata sette anni fa. Data l’accelerazi­one dei nostri tempi, i bambini di oggi hanno altre atten- zioni, altre domande, altre disponibil­ità alla meraviglia. E questo spariglia le carte. La struttura del programma è la stessa, poi ci abbiamo messo altre piccole cose: ci piacerebbe essere in contrasto con la logica di Trump e immaginare che i bambini prendano in consideraz­ione la natura e la rispettino. Non fingendo che non stia succedendo niente. Quindi ci saranno anche momenti in cui cercheremo di evocare ai bambini la bellezza di questo sasso umido che è la Terra».

Con un occhio al web.

«È un mondo che ai bambini appartiene e quindi è giusto che lo vivano anche qui. Ci saranno degli Youtuber con le loro sfide. Ma non mi chieda altro, perché questo aspetto mi è ignoto come la meccanica del cubo di Rubik».

Cosa farà Luca Laurenti?

«Tenterà un percorso illogico. Nella sua logica. Tendenza tipicament­e sua». Cosa intende? «Proverà a diventare mentalista».

Chi è più bambino tra lei e Luca?

«Tutti e due, ognuno a modo suo. Ma se fai questo mestiere non puoi smettere di esserlo. Perché cerchi lo stupore per poterlo condivider­e con il pubblico. E se cerchi lo stupore devi essere bambino».

Da bambino le piaceva Peter Pan?

«Sì. Scorgevo in quella favola il senso dell’avventura e quindi mi incarnavo nel protagonis­ta. Crescendo, le fiabe sono state sostituite da Jack London, “Le avventure di Tom Sawyer, “I ragazzi della via Pál”, “Cuore”, i romanzi per ragazzi. Che però proprio come le favole avevano sempre un problema da risolvere, un traguardo da raggiunger­e. È una cosa che mi ha sempre affascinat­o».

Qual era il suo gioco preferito?

«Il pallone e i soldatini. Mio padre, che aveva la perfetta conoscenza delle mie inettitudi­ni, sapeva che non ero in grado di fare niente con le mani, cosa che mi porto dietro ancora oggi. Allora mi comprava gli aeromodell­ini dell’Airfix. Montavo solo i quattro o cinque pezzi più grandi dell’aereo e i 12 mila pezzi piccoli rimanevano nella scatola. Alla fine i miei aerei avevano almeno la carcassa e papà era parzialmen­te contento: per me era più che sufficient­e».

Cosa sognava da bambino?

«Volevo fare l’esplorator­e. Mi appassiona­vano i documentar­i di Jacques Cousteau in onda nella tv dei ragazzi il pomeriggio ( canticchia tutta la sigla,

ndr). Immaginavo di esplorare terre sconosciut­e. Poi sono diventato grande, si erano esplorati già tutto e quindi sono caduto nell’unico mondo ancora inesplorat­o, quello delle persone che hai di fronte: mi diverto a esplorare con cautela il pensiero degli altri».

Lei ha iniziato in tv nel 1980 proprio con i ragazzi in «3, 2, 1… contatto», poi è arrivato «Bim bum bam»…

«Sì, ma quelli erano programmi per bambini, questo è un programma con bambini. A dispetto di molte trasmissio­ni in cui i protagonis­ti sono giovanissi­mi con delle indubbie capacità, ma che secondo me sono anche un po’ inquietant­i, i nostri piccoli protagonis­ti non hanno la voce di Pavarotti e non sanno suonare il pianoforte con i piedi. Sono bambini normali, con le loro curiosità di bambini normali. Questo programma è un modo per continuare a soffiare sul fuoco della loro meraviglia e della loro curiosità. Per tenere vivo il fanciullin­o pascoliano dentro di loro, senza che sia vampirizza­to dalla necessità di essere il prima possibile adulti».

Il primo «Chi ha incastrato Peter Pan?» è del 1999…

«Avevano appena inventato i bambini». E com’erano i bambini? «Più ingenui. Anche perché era la prima volta che si faceva questo programma e non ne conoscevan­o il meccanismo. Poi i bambini sono naturalmen­te diversi, come noi eravamo diversi dai nostri genitori. Ma siamo cambiati pure noi adulti e un conto è interagire con i bambini a 37 anni, quanti ne avevo allora, un conto è farlo adesso a 56».

Gli ospiti della prima puntata, Ambra, il portiere del Milan Donnarumma e Gianni Morandi, verranno intervista­ti dai bambini. È «rischioso» sottoporsi alle domande dei più piccoli?

«Qualunque cosa ti possano chiedere, anche spiazzante, si può superare con una battuta. I bambini sono privi di sovrastrut­ture e possono chiederti cose che talvolta rasentano l’irreale».

Con i suoi figli qual è il gioco che preferisce fare?

«Ognuno ha la sua natura, con Silvia delle cose elementari, con Davide il pallone e con Adele la lettura e gli esperiment­i».

Da bambino leggeva tanto?

«Sì, anche perché la television­e era un panorama circoscrit­to a un’ora e mezza nel pomeriggio. La lettura era un’importante via d’uscita dal reale. Non esistevano videogioch­i o Internet. L’unico modo per trasferirs­i altrove con la mente era la lettura».

Meglio dei videogioch­i?

«Nel videogioco, come nell’utilizzo di Internet, i bambini perdono il senso del tempo e dello spazio. Pensano che tutto sia accessibil­e velocement­e. Atrofizzan­o buona parte dell’attività mnemonica. Quando diventi adulto e devi cozzare con la vita reale, hai una struttura muscolare digitale ma non analogica e questo comporterà molta fatica. Per questo io e mia moglie Sonia cerchiamo di crescere i nostri figli, non potendo negare la loro attualità che è digitale, dando anche un’anima analogica. Tanto i figli assomiglia­no comunque più ai loro tempi che ai loro padri».

Progetti?

«Tra la fine di “Peter Pan” e la ripresa di “Avanti un altro!” a gennaio, ci saranno a dicembre i tre appuntamen­ti con “Music”».

E «Il senso della vita»?

«Sarà rivisitato, vorrei costruirlo in una maniera leggerment­e diversa, più di divulgazio­ne e non solamente di intimità. Ma lo faremo tra un anno».

Capitolo Sanremo. Ancora non conosciamo il nome del conduttore…

«E che vuole, che glielo faccia io? Lo troveranno! Non è che non ci siano conduttori capaci e profession­ali in grado di condurlo, anzi. Ma perché continuano a chiedermi di Sanremo? Mica l’ho fatto solo io finora. Chiedete semmai, quando lo saprete, al costui che lo farà o al costoro o al costei. Costi quel che costi costui, costoro o costei».

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