Alessandro Borghese
4 RISTORANTI Alla vigilia della nuova stagione Alessandro Borghese ha accettato di farsi giudicare da noi
Siamo andati nel ristorante dello chef e stavolta gli abbiamo dato noi i voti ...
Negli ultimi anni Alessandro Borghese ha girato in lungo e in largo l’Italia accompagnando frotte di ristoratori in gita da un ristorante all’altro. Anche se «gita» non è proprio la parola giusta. Diciamo che ha assistito a sfide all’ultimo menu. Alzi la mano chi non ha visto almeno una volta il programma «4 Ristoranti» nel quale quattro ristoratori si contendono la vittoria affibbiandosi voti da 1 a 10? Le nuove puntate sono già pronte e vanno in onda su Sky Uno a partire dal 16 gennaio (mentre il giorno precedente è partito, sempre con Alessandro Borghese, il preserale di Tv8 «Cuochi d’Italia»). «La prima cosa che dico sempre ai concorrenti è: avete già vinto, ce n’erano altri cento che volevano partecipare» racconta lo chef-presentatore-giudice. «E aggiungo: divertitevi, perché è un gioco». Gioco per gioco, cosa succede se quattro giornalisti di Sorrisi si presentano nel ristorante di Alessandro Borghese per mettere in pratica le sue direttive? Eccoci a Milano, zona Fiera. Qui la scena non è televisiva, ma quella di un servizio del tipo «provato per voi». È una tarda e grigia mattina di gennaio. Al primo piano di un edificio basso e lungo si allarga «AB – Il lusso della sem-
plicità». Inaugurato lo scorso ottobre, è il regno di Alessandro Borghese. Quando non è in trasferta. «Il cuoco che non viaggia sbaglia» chiosa lui. «Viaggiando scopri materie prime, persone nuove, la mente si apre, ti vengono idee. Ho visto posti in Italia dove non sarei mai andato, posti pazzeschi. Quando mi muovo acquisto cibi e vini, se trovo una cosa che mi piace o che non conosco, la fotografo con il telefono o mi scrivo la ricetta nel taccuino». Nel suo ristorante, invece, conosce tutto a menadito. Soprattutto la ricetta degli spaghetti cacio e pepe, messa a punto in anni di lavoro e che «resta segreta come quella della Coca-Cola!» scherza. Non la confesserà neanche dopo quattro ore trascorse a rispondere alla raffica delle nostre domande, interrotta solo dalle sue incursioni in cucina per preparare i piatti. Quello che sicuramente non gli manca è il sorriso: «La mia filosofia è che se c’è buonumore i piatti vengono meglio. Certo, urlo pure, ma non è la regola». Intanto quel che si nota, ancor prima di entrare nel ristorante, è una gigantografia dello chef Borghese dietro una delle finestre che si affacciano sulla strada: se lui è nel locale, la foto è ben visibile da fuori, altrimenti è coperta da una tenda (un po’ come a Buckingham Palace quando espongono la bandiera se la regina è a palazzo). Dentro il
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ristorante domina il colore ottone, accanto a pareti di legno, pavimenti in pietra, musica diffusa in ogni ambiente allo stesso volume (la musica è un’altra passione di Borghese). C’è anche una postazione per il deejay vicino al bancone del bar. Questa è la «location». Okay, prima ispezione terminata. Da qui si passa a esaminare la cucina: visibile dalla sala ristorante, si allarga su 80 metri quadri, nei quali si muovono i nove componenti della «brigata» di Borghese che sfornano, tra ristorante e catering, 1.200 pasti al giorno. Qui è tutto lindo e lucido, tutto inscatolato e catalogato con la data sull’etichetta. Proprio Borghese, lo scrupoloso controllore degli angoli più remoti di quasi 200 cucine ispezionate in tre anni, non può cadere in fallo. In attesa del pranzo e dei primi clienti, lo chef parla con i fornitori, dà le direttive ai collaboratori, commenta la disposizione dei segnaposto e dei bicchieri. Come gli altri clienti, pure noi di Sorrisi ci sediamo a un tavolo e attendiamo le portate. Oltre al compitissimo direttore di sala, arriva Borghese a raccontarci i piatti con dovizia di... ingredienti. E come nel programma tv, anche nel ristorante, alla fine, insieme con il conto i clienti ricevono un taccuino dove poter assegnare i voti a quattro categorie («location», «servizio», «menu», «conto»). Che voti danno i clienti? «Buoni, anche se c’è di tutto, la cucina è talmente soggettiva! C’è chi scrive che la location è meravigliosa e accogliente, c’è chi la giudica fredda, chi assegna tutti 10 e chi articola voce per voce». Lui si offende? «No, per nulla». E spiega: «Io non mi sento uno chef arrivato. Ogni giorno c’è qualcuno che ti può insegnare qualcosa». Vuole sapere che voti le abbiamo affibbiato noi di Sorrisi? «No, preferisco leggerli sul giornale!». E dunque: eccoli qui in alto. Per lui e per voi. Promosso, a pieni voti.