REMO GIRONE
Il crudele Tano Cariddi di «La piovra» è ancora un po’ parte di lei?
«Osvaldo di “Furore” è ancora più spregevole di Tano Cariddi, glielo garantisco ( ride). Ma a Tano sono grato. Sa che è stato lui a farmi lavorare per la prima volta a Hollywood? La costumista del film “La legge della notte” ( del 2016, ndr), Jacqueline West, ha suggerito al regista Ben Affleck il mio nome per il personaggio del boss Maso Pescatore perché aveva a casa tutte le videocassette di “La piovra”. È stata una bella esperienza, sul set ho incontrato anche Leonardo DiCaprio, che era fra i produttori».
Non è detto che l’esperienza hollywoodiana non si possa ripetere.
«Se mi richiamano io vado! Intanto ho girato un film con Peter Greenaway: “Walking to Paris” ( camminando ver-
so Parigi, ndr). Racconta la vicenda, tra leggenda e realtà, dello scultore rumeno Constantin Brancusi che nel 1904 disse di aver percorso a piedi tutta la strada dalla Romania a Parigi. Io interpreto il figlio dell’artista». Qual è il segreto di una carriera come la sua?
«Lo studio. Da ragazzo ho avuto buoni maestri: mi hanno insegnato a prepararmi bene
per recitare al meglio». Conta anche la solidità degli affetti?
«Tantissimo. Io e mia moglie Victoria stiamo insieme dal 1976 e cerchiamo anche di recitare insieme. L’ho sposata due volte: nel 1982 in municipio e poi, dopo aver combattuto il cancro, in chiesa nel 1995. Lei ha rimesso lo stesso abito, a me non entravano i pantaloni del vecchio vestito ( ride) ».
C’è sempre un «prima» e un «dopo» quella malattia.
«Sì, è così. Anche se guarisci non dimentichi. All’inizio ti riprometti che non rifarai certe cose. Ma poi passa il tempo e torni ai vecchi vizi, ai difetti. Io sono orgoglioso, per esempio. Qualcuno dice permaloso, ma è orgoglio».
Lei è nato in Africa, sua moglie in Argentina. Voi abitate a Montecarlo, vostra figlia Veronica vive a Tokyo. La famiglia Girone giramondo non ha confini.
«Meno male che c’è Skype, altrimenti la bolletta telefonica sarebbe salata» ( ride). Ma c’è un confine che lei non oltrepasserebbe mai?
«Quelli che oltrepasso nella finzione. Odiare, picchiare qualcuno, uccidere». Invece in che cosa mette tutto il suo «furore»?
«Nel lavoro. Se mi dicono che in un certo ruolo sono stato bravo è il massimo: è molto facile farmi felice».