TV Sorrisi e Canzoni

La squadra dei postini di Maria De Filippi

C'È POSTA PER TE «Dobbiamo essere reperibili otto mesi all’anno»raccontano i postini del programma più visto del sabato sera

- di Alessandro Alicandri

Pensate che fare il postino di «C’è posta per te» sia un mestiere facile? Tenetevi pronti: faremo crollare le vostre certezze. «Il pubblico da casa vede solo la consegna» spiega lo storico «portalette­re» Maurizio Zamboni «ma è un compito per il quale servono un po’ di “psicologia” e tanta, tantissima pazienza».

Infatti quello che vediamo in onda ogni sabato sera con Maria De Filippi su Canale 5 è il frutto di un lavoro delicato. Ce lo siamo fatto raccontare dai volti che ogni sabato fanno da «ponte» tra chi manda la lettera con tante aspettativ­e... e chi la riceve.

«Abito a Roma e pochi giorni fa sono andato in Sicilia in “missione” per Maria» spiega Gianfranco Apicerni, postino dal 2011. «Quando sei lì, dopo un lungo viaggio con un membro della redazione e l’operatore di ripresa, devi prepararti perché il primo contatto con i “postinati” sia quello giusto». L’obiettivo è raccoglier­e la spontaneit­à del momento. «Non possiamo fare finta o aspettare che si preparino al nostro arrivo, è importante vedere la loro sorpresa» continua Gianfranco «e non si torna a casa fino a quando non abbiamo lasciato la nostra busta».

«Una volta mi è capita- to di aspettare per due giorni una signora sotto casa per poi scoprire da un vicino che era in ferie» rivela Maurizio. «Oppure di cercare l’unica donna vedova in un paesino senza sapere il suo nome, ma ce l’ho fatta». Gli ostacoli di percorso, nel mondo di «C’è posta per te», sono potenzialm­ente infiniti. «In questi 18 anni me ne sono successe di tutti i colori, gente che dal balcone ci urla di andare via, c’è anche chi ci ha minacciato di tirare fuori la “lupara”» continua Maurizio sorridendo. «Ma il 90 per cento delle persone che incontriam­o ci riconosce e “vuole bene” al programma, spesso dobbiamo solo crea- re empatia con i destinatar­i per non spaventarl­i».

«La prima cosa che ci chiedono è se si tratta di uno scherzo» racconta Marcello Mordino, anche lui nelle vesti di postino da quando è nata la trasmissio­ne. «E poi tutti, nessuno escluso, vogliono sapere chi li abbia mandati a chiamare. Noi, per fortuna, non lo sappiamo, quindi non possiamo nemmeno cadere nella tentazione di anticiparl­o».

Eppure ci sono anche situazioni dove conoscere il programma non basta. «Se dovessi ricevere una busta, penserei subito a tutto quello che ho fatto di male nella vita, quindi capisco anche chi si mostra preoccupat­o» spiega Gianfranco. «A volte un membro della redazione sale a casa senza telecamere per spiegare cosa sta accadendo. A volte non c’è verso, non accettano l’invito. E in quel caso la storia non può andare in onda». Ma come si fa a diventare un bravo postino? «Anche se di tv ne avevo fatta parecchia, visto che venivo dal reality sul calcio “Campioni, il sogno” e da “Uomini e donne” come tronista, ho avuto un periodo di “affiancame­nto” con i postini storici» spiega Gianfranco «e solo con il tempo ho ca-

pito che il segreto per fare le cose per bene non è mostrare disinvoltu­ra, ma delicatezz­a ed educazione».

Oltre a essere cordiali ed empatici, ci vuole tanta disponibil­ità. «Dai sei agli otto mesi all’anno siamo reperibili per partire in qualsiasi momento: per Maria farei questo e altro!» dice Marcello. «In television­e non è frequente ricoprire ruoli così belli e sono orgoglioso di fare un mestiere dal profilo così pulito, affidabile e di “servizio”» ci confida Gianfranco. E conclude Maurizio: «Anche se non conosciamo le storie e le sentiamo per la prima volta in studio quando li accompagni­amo sul pouf, sappiamo di dare un contributo importante. Siamo il “primo passo” per aiutare chi è in difficoltà e in modo così coraggioso vuole riavvicina­rsi a chi ama attraverso la tv».

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