Siamo più soli senza Fabrizio
Caro direttore, grazie a lei e alla redazione di Sorrisi per lo splendido tributo a Fabrizio Frizzi nel numero di questa settimana. Le foto dalla sua infanzia sino alla sua tragica scomparsa mi hanno emozionato, ma soprattutto la splendida foto nell’ultima di copertina mi ha fatto piangere per l’ennesima volta. Io e tutti gli italiani che lo hanno sempre seguito e amato lo ricorderemo così, con il suo inconfondibile sorriso radioso e gentile che ci ha accompagnato per tanti anni.
Claudia Rabizzoni, Broni (PV)
La morte di Frizzi ha scatenato il presenzialismo di tanti suoi colleghi. Massimo Giletti, per esempio, l’ho visto dappertutto. Ma era davvero così amico di Fabrizio da andarlo a ricordare ovunque, su giornali e tv?
Federico Mastrangelo, Chieti
Moltissimi altri lettori ci hanno scritto, pubblico la lettera di Claudia che rappresenta il 99,99% delle mail ricevute. Il rimanente, una sparuta pattuglia di lettori, ha pensato che dedicare a Fabrizio una seconda copertina fosse «troppo poco», nonostante buona parte del numero fosse su di lui. Ringrazio chi ci ha criticato, perché le critiche aiutano a migliorarsi, ma abbiamo deciso così perché quello era l’unico modo per pubblicare una foto pulita, senza altri titoli, prezzi, scritte obbligatorie per legge e per «liberare» quella meravigliosa immagine (così chi vuole può staccarla e conservarla). Quanto a Giletti, non so. Ma la sua presenza per ricordare Frizzi sui giornali e in tv mi fa pensare che fosse sicuramente uno dei suoi migliori amici. (a.v.)
IL SALE NELL’ACQUA Caro direttore, premetto che mi è molto piaciuta l’intervista a Donatella Bianchi che conduce una trasmissione fantastica, «Linea blu». Ma alla domanda: «Mette il sale nell’acqua prima o dopo che bolle?» la conduttrice ha risposto: «Prima, così bolle più in fretta». Invece non è proprio così. Perché se metti il sale nell’acqua prima, ci metterà più tempo a bollire.
Luca, Settimo Torinese (TO)
Non mi intendo di chimica, ammesso che sia la chimica la materia in questione, ma penso anch’io che Daniela abbia torto. O meglio, è sbagliata la ragione per cui sala l’acqua prima che arrivi a bollire. Io comunque faccio come Daniela, ma per un altro motivo: se non metto subito il sale, poi me ne dimentico e finisco per mangiare la pastasciutta «sciapa».
O, come diciamo noi in Toscana, per dire di una pietanza a cui manca il sale, «sciocca».
DOV’È FINITA LA ROUBAIX? Caro direttore, devo esporle una rimostranza. Nel numero 14 del 3 aprile la grande corsa ciclistica Parigi-Roubaix non ha alcuna evidenza nelle pagine della rivista. Poi nel microspazio dedicato a Raisport i programmi cominciano dalle 17.55 e quindi la corsa suddetta non è indicata. Mi dispiace, anche perché finora la sua bella rivista aveva messo in rilievo anche corse minori. Spero tanto che si sia trattato solamente di una distrazione temporanea. Con stima.
Franco Perfetti
Come forse sa qualche lettore, io sono un patito di ciclismo e la «Roubaix», tra le grandi classiche, per me viene solo dopo la «Sanremo» (forse). La
sua gentilissima rimostranza è vera solo in parte: non abbiamo sottolineato nelle pagine del «Memo sport» la grande corsa ciclistica, ma era nel palinsesto di Raitre di domenica 8 aprile. Ora staremo più attenti: già nelle pagine dei consigli di domenica 15 trova la segnalazione della Amstel Gold Race. E lo stesso accadrà la domenica successiva, per la mitica decana delle classiche di primavera, la LiegiBastogne-Liegi.
LA PASSIONE NON È UNA MESSA Carissimo direttore, vada a sentire i titoli del Tg1 delle 20 del 31 marzo: «Messa della Passione di Cristo...». Dovrebbero sapere che il Venerdì Santo e il Sabato Santo fino alla Veglia Pasquale non si celebra alcuna messa.
Andrea Corazza
Dovrebbero saperlo. Non lo sapevano. Ora, dopo la sua
precisazione, lo sapranno. Anche se forse lo sapevano ma hanno fatto una tipica semplificazione giornalistica (in cui certe volte cadiamo anche noi di Sorrisi, certo su temi più frivoli). In effetti la Passione non è una Messa, ma una «azione liturgica». Ricordiamoci l’anno prossimo di controllare cosa diranno al Tg1 il sabato di Pasqua.
SERENA DA OSCAR? Apprezzo molto il programma «Da qui a un anno» presentato da Serena Rossi sul Real Time. Ma una cosa non mi convince: possibile che davvero per la realizzazione di questo programma ci sia voluto un anno? E Serena Rossi, per me bravissima, perché mette lo stesso vestito sia nella parte in cui i partecipanti spiegano cosa si aspettano da qui a un anno, appunto, sia nella parte in cui tornano in studio dopo 12 mesi?
E infine, nell’intervista Serena dice che lei non sa come sono finite le storie. È verosimile secondo lei?
Cristina G.
Quante domande! Innanzitutto il mio innato ottimismo mi fa pensare che sia tutto vero quello che si vede in tv (resto sempre un po’ citrullo nonostante alcune volte sia stato dimostrato il contrario). Quindi credo che davvero abbiano seguito le storie per un anno (d’altronde non si dimagrisce di 35 chili in un mese) e che la dolcissima Serena non sappia come sia andata a finire la storia (altrimenti reciterebbe troppo bene e dovrebbe prendere un Oscar!). Per quel che riguarda il vestito, credo che sia una scelta del regista. Di certo Serena non lo usa per un anno intero e di questo ho le prove: ho visto altri programmi in cui era vestita in modo diverso...
UN VOTO ALTO A GRECO Avete fatto bene a dedicare un’intervista ad Alessandro Greco. La sua carriera è un esempio di come il mondo dello spettacolo sia un po’ cattivo e che non si è
mai sicuri di ciò che può succedere, anche se si è reduci da grandi successi. Ora spero che finalmente la Rai trovi stabilmente un programma per questo talento che secondo me ha ancora moltissimo da dare.
Virginia Orsati, Roma
Alessandro è bravo, simpatico, dà ritmo ai suoi programmi e appartiene a quella fortunata schiera di «per sempre giovani». Credo che «Zero e lode!» lo abbia rilanciato. E il voto è certamente più lode che zero. CASA TATANGELO A «Celebrity MasterChef» su Sky tifavo per Orietta Berti, arrivata seconda. Ha vinto Anna Tatangelo che fino a pochi minuti prima della proclamazione non avevo particolarmente in simpatia. Poi però ho visto sua mamma: una donna dura che ha affermato con orgoglio di non avere mai applaudito la figlia, nemmeno ai concerti. E infatti anche quando Anna ha vinto si è limitata a un abbraccio. Questo mi ha fatto provare tenerezza per Anna e ho capito che la freddezza della cantante forse deriva da un difficile rapporto con la madre...
Rossana, Mergozzo (VB)
Ha colpito anche me, la signora Tatangelo. Ma io non faccio testo: applaudivo mia figlia alle recite dell’asilo quando il massimo che faceva era... camminare. E non solo applaudivo, mi commuovevo. Non oso pensare cosa succederebbe se mia figlia andasse al Festival di Sanremo e lo vincesse, come è successo ad Anna nel 2002 tra i Giovani: finirei all’ospedale per l’emozione. Io comunque tifavo per Anna (Orietta, non arrabbiarti...).