Carlo Verdone
Il regista in versione tifoso: «Grazie Roma, nessuno mi fa felice come te»
Ho rischiato l’infarto ma ne valeva la pena». Che Carlo Verdone tifasse per la Roma lo sapevamo; che il clamoroso 3 a 0 rifilato dalla sua squadra al fortissimo Barcellona lo avrebbe esaltato, pure. Ma la passione incontenibile che il regista fa esplodere in un breve filmato (pubblicato sulla sua pagina Facebook alla fine della partita con cui la Roma ha conquistato la semifinale di Champions) ha sorpreso (e divertito) tutti. Tanto che quei 14 secondi di gioia sono diventati subito «virali». E ci hanno fatto venire la curiosità di saperne di più. Verdone, innanzitutto una traduzione dal romanesco. Nel filmato lei grida: «Me sta a parti’ la pompa». Cioè? «Il cuore, il cuore. Ancora un po’ e mi veniva un infarto... mi sono dovuto dare una calmata». Il filmato è stato chiaramente girato a casa sua. Come mai non era allo stadio? «Devo dire la verità: non ci credevo proprio. E poi quel pomeriggio ero andato a presentare una mostra sul Centro sperimentale di cinematografia con Andrea Camilleri ( il “papà” di
Montalbano, ndr) e tanti altri. Lì, visto che avevamo tirato tardi, ho seguito distrattamente l’inizio della partita. Al primo gol però mi sono detto: “Aspetta un po’, è solo l’8° minuto del primo tempo!”. Ho salutato tutti, sono salito sulla moto e via di corsa a casa. Ma devo essere sincero, ancora non ci credevo».
E poi?
«Mi sono rimesso a guardare “distrattamente” la partita e intanto suonavo la mia chitarra. La verità è che mi stavo già preparando alla delusione e non volevo soffrire troppo». E al secondo gol? «Ho messo via la chitarra e mi sono incollato allo schermo». Al terzo? «Nun se po’ spiega’ ( è complesso da raccontare, ndr...). Una gioia grandis-
sima. Avevo il cuore come un tamburo. Le pulsazioni, le pulsazioni! Ho dovuto misurarle». La prossima volta andrà allo stadio?
«Ma con i razzi! Io in verità ci vado abbastanza spesso. Con i fratelli Vanzina, Giovanni Malagò e altri amici siamo un bel gruppetto. Però ho anche una casa in campagna che è taaanto rilassante. Così la domenica devo decidere: stadio o campagna? Batticuore o relax?». Le piace questa Roma? Chi sono i suoi giocatori preferiti?
«Diciamo subito grazie a quel santo di Alisson, il portiere, che ci ha salvato tante di quelle volte. Poi Džeko, una forza della natura. Se magnerà pure un sacco di gol (“ sarà anche vero che manca spesso la rete”, ndr), ma quando serve davvero, colpisce». Il più forte di sempre?
«Francesco Totti, no? Francesco non è solo un campione di calcio, è anche una persona meravigliosa. Con il suo sorriso e la sua gentilezza ha riportato allo stadio le famiglie, i bambini». Barcellona a parte, le piace la Roma di oggi? «Molto, specie quando giochiamo senza troppi passaggi in orizzontale. E poi mi piace Di Francesco, l’allenatore: serio, umile, pragmatico, lavora sodo e non parla male di nessuno». Ma lei da quanto tempo è tifoso?
«Ero piccolo, ricordo ancora la prima partita all’Olimpico: un Roma-Napoli. In campo c’erano Manfredini, Cudicini, Panetti... fine degli Anni 50». Tutti romanisti a casa sua?
«In verità devo ancora capire mia figlia Giulia da che parte sta. Una volta un amico fissato con la Lazio l’aveva portata a visitare la sede dei biancocelesti ed era tornata piena di regalini: il pallone, la maglia... Aveva la camera piena. “Figlia mia, che dolore che m’hai dato” le dicevo. E poi non ho più toccato l’argomento. Ora forse
troverò il coraggio». Questa notte come si piazza nella sua classifica delle «gioie calcistiche»?
«È tra le prime tre. Insieme con gli scudetti di Falcao e quello di Totti. Del primo mi ricordo i festeggiamenti al Testaccio e a Trastevere: bandiere, trombe, due settimane di cagnara. Io ho partecipato per una, poi mi sono pure stufato. Dello scudetto del 2001 ricordo che ero allo stadio: mi hanno anche fatto entrare nello spogliatoio per salutare i giocatori, erano tutti zuppi di spumante. Pure l’allenatore Fabio Capello era zuppo, ma di sudore. Sembrava che avesse avuto un lutto. Me so’ spaventato. Gli dico: “Fabio ma che c’è? Ti senti bene?”. “Zitto, zitto, hai visto che alla fine il pubblico ha invaso il campo? E se per la prossima partita arriva la squalifica?”. Pensava davvero a ogni particolare. Gli ho detto: “Fabio, ma quale squalifica? Tu oggi sei Nerone! Tu oggi sei l’imperatore di Roma!». Quanto vale per la città la vittoria col Barcellona?
« Tanto, perché noi non siamo più abituati a queste soddisfazioni, si pappano tutto gli altri, tutto la Juve. Almeno in Italia... Io spero che serva a scuoterci un po’, perché oggi Roma è una città depressa, che non ci crede più. Basta andare in giro in moto per capirlo, c’avemo più buche de Kabul (“il manto stradale delle nostre vie non è in condizioni inappuntabili”, ndr). Invece guarda cosa siamo capaci di fare quando ci crediamo!».
Quale fioretto è disposto a fare per vedere la Roma vincere la coppa?
« Ok, se vinciamo metto uno sketch sulla Roma nel mio prossimo film. Ora però smettetela de gufa’! (“temo che questa domanda porti male, meglio finire l’intervista, buonasera”, ndr)