I concerti «difficili» di Bob Dylan
Caro direttore, sono andato al concerto di Bob Dylan a Milano. Per me, ma non solo per me, è un mito e quando ha vinto il premio Nobel sono stato felice, anche perché era un modo per riconoscere alla canzone d’autore il rango di alta letteratura e poesia. Ma nonostante la mia ammirazione ultradecennale sono uscito deluso dal teatro: Dylan sembrava cantare controvoglia, le canzoni non si riconoscevano, i testi erano biascicati, lui stesso era posizionato lontano, quasi in fondo al palco. E nemmeno un saluto al pubblico! Ma la gente non meritava qualcosa di più, considerato anche che aveva pagato il biglietto?
Paolo De Marchis, Milano
La capisco, caro Paolo. Ma lei, da dylaniano storico, dovrebbe essere l’ultimo a stupirsi: Bob Dylan da anni cambia le melodie e strascica la voce, credo che il dispettoso premio Nobel giochi col pubblico per non fargli riconoscere le canzoni... Non vuole farsi fotografare, e guai se vede un telefonino in teatro. E le è già andata bene che lo ha visto in faccia, seppure da lontano: in certi suoi concerti succede che canti dando le spalle al pubblico. Prendere o lasciare. E trattandosi del più grande cantautore della storia, e di un Nobel, direi che conviene prendere quello che ci dà. Io da lui accetto tutto. Noi abbiamo festeggiato il suo ritorno in Italia (qui accanto ho messo le ultime tre date del tour) con una raccolta delle sue canzoni più belle, con gli accordi giusti e le parole ben comprensibili. E nella foto sulla copertina non è di spalle. (a.v.)