Cari giovani, abbiamo fallito
Penso al futuro dei nostri giovani e alle azioni che abbiamo messo in campo negli ultimi 50 anni e mi rendo conto di un fallimento collettivo. A cominciare dal fatto che non abbiamo creato scuole e università all’altezza delle sfide di un mondo sempre più globalizzato. La politica ci ha messo del suo, con riforme più dannose che inutili, ma anche tutti noi abbiamo mancato, non orientando le loro scelte in campi che avrebbero avuto un futuro. Abbiamo eserciti di avvocati e letterati, migliaia di candidati ai reality, ma non siamo autosufficienti in campo scientifico e tecnologico. Mancano anche gli operai specializzati. Infatti tante aziende provano a formare autonomamente i giovani nei campi che sono stati sottovalutati, anche perché ritenuti non all’altezza delle loro aspettative. Dovremmo spiegare a tutti che il lavoro, ogni lavoro, è un valore a prescindere. Certo fa pena sapere che tanti laureati sono costretti a omettere il loro titolo di studio nei curriculum per non sentirsi dire nei colloqui di lavoro «lei è troppo qualificato». Ma è anche insopportabile lo sfruttamento di chi, per sbarcare il lunario, fa il fattorino a gettone per portare pizze a domicilio, o passa ore e ore nei call center per pochi spiccioli. È un’emergenza a cui dare risposte efficaci subito.