UNA VITA SUL PALCO, DA CANZONISSIMA A SANREMO
Pippo Caruso era uno di quei volti talmente familiari al grande pubblico da sembrare immortali. La figura asciutta, il contegno timido e soprattutto quei baffetti da moschettiere l’hanno reso un vero personaggio televisivo, al di là della sua stessa volontà. Caruso era piuttosto schivo e riservato. Nato a Belpasso, in provincia di Catania, era andato a vivere nel verde, a Passo Corese, frazione di Fara in Sabina (Rieti), ma a un passo da Roma, sempre pronto a tornare a lavorare. Almeno finché, in seguito a una banale caduta in casa, la rottura di un femore lo aveva costretto su una sedia a rotelle. I postumi dell’incidente lo hanno condotto lentamente alla fine, avvenuta a 82 anni, nel tardo pomeriggio del 27 maggio. La moglie è una signora polacca che Caruso, così aveva raccontato in una rara intervista, aveva conquistato in un night romano eseguendo «Ne me quitte pas». Raggiunta da Sorrisi, la vedova racconta: «È successo in casa, ed eravamo tutti con lui, io e i nostri quattro figli. Sono venuti spesso gli amici più cari. Mio marito anche negli ultimi tempi era continuamente al telefono, soprattutto con Pippo Baudo». Del conterraneo Baudo, Caruso era stato compagno di scuola. E dalla «Canzonissima ’73» diventarono inseparabili (vedi intervista a lato). Impeccabile come direttore d’orchestra, dalla sinfonica della Rai a quelle di Sanremo, Caruso ha avuto un’intensa attività come autore di musiche e arrangiatore. Suo è il popolarissimo jingle «Perché Sanremo è Sanremo». Senza dimenticare le hit dei bambini di tutte le età: «Johnny Bassotto» e «La tartaruga».
Alberto Anile