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Prima guerra mondiale: l’Italia va in trincea

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Il 28 luglio 1914, a un mese dall’assassinio a Sarajevo dell’arciduca Francesco Ferdinando, l’Impero austro-ungarico attacca la Serbia: è l’inizio delle Prima guerra mondiale.

Il 24 maggio 1915 l’Italia entra in guerra muovendo contro l’Austria.

In molti sono convinti che il conflitto durerà poco. Non sarà così: alla sua conclusion­e si conteranno 20 milioni di vittime e altrettant­i mutilati.

Il debutto di nuove armi (mitragliat­rici, bombe a mano, lanciafiam­me, carri armati e le terribili armi chimiche) cambia la natura stessa dello scontro: dalle battaglie campali di stampo ottocentes­co siamo ora alla guerra di trincea.

In trincea si affinano dei trucchi per sopravvive­re: non si fuma di notte (i cecchini mirano alle braci della sigaretta) e non si accendono con lo stesso fiammifero le sigarette di tre persone (la prima risveglia l’attenzione del cecchino, la seconda gli fa prendere la mira, alla terza preme il grilletto).

Il 21 gennaio 1917 a Caporetto (oggi Kobarid in Slovenia) l’esercito italiano subisce una pesantissi­ma sconfitta: 12 mila morti, 31 mila feriti e 300 mila prigionier­i. La ritirata è tragica.

Nel giugno del 1918 con la battaglia del solstizio l’Italia respinge gli austriaci e si avvia verso la vittoria che verrà siglata con la firma dell’armistizio il 3 novembre 1918. Il cognome Giraffa è una storpiatur­a di «giaraffa», parola d’origine araba indicante un tipo di oliva. Tori, Toro, Torello e Torelli rappresent­ano ciò che resta di Salvatore o del nome medievale Ristoro. Falchi non equivale sempre al falco, ma spesso alla falce. I signori Luccio e Lucci non discendono da pesci, ma da ciò che rimane, cadute le prime sillabe, di un nome di persona in -lo (come Bartolo o Angelo) più il suffisso -uccio. Delfino può derivare da «adelphós» (fratello) e Vitello può essere il diminutivo di Vito. Le famiglie Pollo derivano dal nome del dio Apollo, o più sempliceme­nte da Paolo. E i signori Capponi non c’entrano coi polli castrati, ma hanno soltanto una «testa grossa», come i Caponi, insomma.

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