Thailandia, un incubo a lieto fine
Caro direttore, i 12 ragazzini thailandesi e il loro allenatore sono stati liberati dopo essere stati quasi venti giorni intrappolati in una grotta. Ora sono iniziate le polemiche, in particolare contro l’allenatore che li ha portati là dentro. Ma non possiamo solo essere felici, una volta tanto, senza per forza litigare? Elisabetta Baliani, Siena
Cara Elisabetta, l’operazione di salvataggio dei piccoli calciatori e del loro allenatore è un’eccezionale dimostrazione di capacità tecnica e organizzativa, ingegno umano, generosità e mobilitazione planetaria e già sono in programma ben due film per raccontare questa incredibile storia. In quella sperduta zona della Thailandia sono arrivati da tutto il mondo sommozzatori, speleologi e medici (uno dei sub ha anche pagato con la vita il suo eroismo). Ho seguito la vicenda con angoscia, poi salvataggio dopo salvataggio ho gioito come tutti gli abitanti di questo piccolo e litigioso pianeta, una volta tanto senza divisioni politiche e religiose. Senza dimenticarci del sommozzatore-eroe, possiamo gioire per l’insperato lieto fine che una volta tanto la vita ci ha regalato. Che i sapientoni critichino pure, quel che conta è che i ragazzi sono tutti salvi. E aggiungo che sì, il loro allenatore ha commesso una grave ingenuità, ma per me si è riscattato due volte: chiedendo scusa (una pratica a cui non siamo abituati) e soprattutto sostenendo con la meditazione (che aveva imparato nel suo apprendistato da monaco buddista) i suoi bambini nei lunghi giorni di buio, quando né lui né loro sapevano se mai avrebbero rivisto la luce. (a.v.)