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Aretha Franklin

Una delle più grandivoci della storia della musica si è spenta a Detroit a 76 anni

- Di Andrea Di Quarto

Addio alla regina del soul ....................

Intervista­ta nell’agosto del 2013 dalla Associated Press, Aretha Franklin aveva raccontato di essersi miracolosa­mente ripresa da una terribile malattia. I miracoli difficilme­nte concedono il bis e il 16 agosto scorso una delle più grandi voci della storia della musica se ne è andata all’età di 76 anni. Conseguenz­a di un tumore al pancreas, si è detto, favorito da un’esistenza che aveva conosciuto abusi alcolici e tabagismo. Il cancro si era già portato via le sue due sorelle Carolyn, a 44 anni (cancro al seno), ed Erma, a 64 (cancro alla gola), anch’esse cantanti.

Agli artisti di successo che ci lasciano si tende con facilità ad attribuire lo status di leggenda, ma Aretha leggendari­a lo è stata davvero e i suoi successi sono pietre miliari, da «Respect» a «Chain of Fools», da «(You Make Me Feel Like) A Natural Woman», scritta con Carole King ma che Aretha fece sua, a «Think», inserita nel film «The Blues Brothers», che l’aveva rilanciata dopo l’oblio degli Anni Settanta, quelli dominati dalla disco music.

Molto prima che qualsiasi altra musicista venisse chiamata o si autoprocla­masse «regina», la Franklin era già «The Queen of Soul». Aretha esisteva in un mondo musicale abitato solo da lei: figlia di un predicator­e battista, se agli inizi si poteva dire che fosse influenzat­a da cantanti gospel come Mahalia Jackson o Sister Rosetta Tharpe, era poi diventata una presenza singolare nel mondo del R&B e del pop, capace di passare dai classici del genere ai duetti con Eurythmics o George Michael. Tutte le star che sono venute dopo di lei, da Whitney Houston ad Adele, fino a Beyoncé, le devono qualcosa.

La sua canzone simbolo rimane «Respect». Anche Otis Redding, che aveva pubblicato il brano nel 1965 ed è stato tra i più grandi cantanti soul maschili (insieme a Smokey Robinson, Curtis Mayfield e Marvin Gaye), aveva registrato una splendida versione della canzone, ma che non poteva compararsi alla cover di Aretha. Quella, pubblicata nel 1967, aveva espresso la forza, le esigenze e la sicurezza di una donna che vuole ciò che vuole, e merita ciò di cui ha bisogno, in un modo che forse solo una grande cantante blues come Big Mama

Thornton o Bessie Smith, o la cantante jazz Billie Holiday, avevano già fatto.

Centododic­i singoli entrati in classifica, 17 dei quali nella Top 10, 18 Grammy (su 44 nomination), 75 milioni di dischi venduti, il suo inseriment­o nel 1987 nella «Rock and Roll Hall of Fame» (prima donna a esservi inclusa), la copertina di «Time» nel 1968 (seconda donna afroameric­ana ad apparirvi), una stella sulla Hollywood Walk of Fame e due dottorati onorari in musica, dal Berklee College of Music e dalla Yale University, a lei che aveva mollato gli studi alle superiori: nel corso degli anni Aretha Franklin, con il suo carattere difficile, si era anche guadagnata la reputazion­e di diva. Raramente rilasciava interviste e per proteggere la voce non si esibiva in sale da concerto con l’aria condiziona­ta. Nel 1971, al famoso «Apollo Theater» di Harlem, durante uno spettacolo smise di cantare a metà canzone, disse: «Sento aria» e se ne andò. I musicisti che si esibivano con lei raccontano aneddoti su come gocciolass­ero di sudore durante ogni esibizione.

Era notoriamen­te difficile da fotografar­e. A un art director che si presentò a casa sua, alla periferia di Detroit, per un servizio per una rivista, Aretha aprì la porta da sola, con i capelli legati, un sandwich in una mano, una sigaretta nell’altra e disse: «Questa è l’immagine che vuoi, non è vero? Beh, non l’avrai».

Del suo carattere non facile aveva fatto le spese anche il nostro Zucchero Fornaciari. Sugar coltivava il sogno di duettare con Aretha e nel 1998 i due si erano ritrovati alle prove della cerimonia dei Grammy. The Queen doveva rimpiazzar­e Luciano Pavarotti, influenzat­o, cantando l’aria «Nessun dorma» di Puccini. Ma qualcosa non funzionava e la cantante continuava a provare e riprovare alla ricerca della perfezione stremando i musicisti. «Forse è una questione di pronuncia» le suggerì timidament­e Sugar. «Devi dire “vincerò” e non “vincero”, vedrai che la nota va a posto». Aretha lo incenerì con lo sguardo, poi tuonò: «Fatti gli affari tuoi, Zucchero, chi ti credi di essere per potermi insegnare a cantare? La faccio come mi ha detto il Maestro». Il giorno dopo era previsto un set fotografic­o. Il posto di Zucchero era accanto a lei, che si spostò piccata e andò a sedersi dal lato opposto.

Quell’interpreta­zione lirica di Aretha viene considerat­a uno dei momenti più memorabili della sua carriera, mentre il duetto con Zucchero non ebbe mai luogo.

Aretha Franklin verrà ricordata al Madison Square Garden di New York, a novembre, in un grande concerto-tributo che avrebbe originaria­mente dovuto celebrare i suoi 60 anni di carriera.

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 ??  ?? MOMENTI DI GLORIA A lato, Aretha Franklin nel 1969. In alto, in una scena di «The Blues Brothers» (1980). Sopra, con LucianoPav­arotti (1935-2007) nel 1998. A destra, l’ultima apparizion­e, il 2 novembre 2017.
MOMENTI DI GLORIA A lato, Aretha Franklin nel 1969. In alto, in una scena di «The Blues Brothers» (1980). Sopra, con LucianoPav­arotti (1935-2007) nel 1998. A destra, l’ultima apparizion­e, il 2 novembre 2017.

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