Il pappagallo di «Portobello» e le presunte crudeltà
Caro direttore, ho visto la prima puntata di «Portobello». Ho 25 anni e non posso fare confronti con l’originale di Enzo Tortora, ma una cosa mi ha rattristato: vedere il povero pappagallo tra luci e telecamere, con decine di persone che gli si affollano attorno solo per fargli dire «Portobello». Ho trovato la cosa crudele...
Amelia Della Vigna
Cara Amelia, la sua opinione è condivisa da molti animalisti che hanno attaccato Antonella Clerici sostenendo che il pappagallo veniva maltrattato. Erano gli stessi, probabilmente, che avevano criticato aspramente Fabio Fazio per il suo acquario a «Che tempo che fa». Io ho tre cani e in passato ho avuto in casa di tutto: gatti, conigli, canarini, criceti. Ancora oggi prima di programmare una vacanza cerco di trovare una soluzione per i miei cani, persino se vado al cinema mi preoccupo del fatto che loro stiano a casa da soli per qualche ora. Li tratto direi «fin troppo» da umani (o almeno, questa è l’accusa di mia mamma), ma vedendo «Portobello» non ho pensato a crudeltà o altro: ho pensato che certi animalisti siano troppo radicali ed esagerino. E allora il cane Rex, i cavalli di Terence Hill in «Un passo dal cielo» e gli innumerevoli «colleghi» televisivi del pappagallo della Clerici? Tutti vittime di torture? No, perché in tv (e nei film) gli animali sono protetti da leggi che ne regolano l’utilizzo. Invece crudeltà, maltrattamenti e abbandoni appartengono purtroppo alla vita reale. E spesso i vigliacchi che li compiono la fanno franca. (a.v.)