Pippo Baudo e Fabio Rovazzi
Baudo e Rovazzi sono stati scelti dal direttore artistico del Festival. Si sono incontrati per la prima volta e Sorrisi era lì
Ecco la strana coppia di «Sanremo Giovani». E Baglioni spiega perché li ha scelti
Un pomeriggio romano di pioggia e di vento. Negli studi Rai di via Nomentana si incontrano Pippo Baudo e Fabio Rovazzi. L’uomo che ha fatto la televisione italiana dalle origini a oggi e il fenomeno che, in un paio di anni, partendo dal web, ha agitato il mondo della musica e del cinema. Non si sono mai visti prima, non si conoscono, sanno solo qualcosa l’uno dell’altro. Si sono informati. Si informeranno. Tra loro corrono 58 anni di età. Sempre uguali a se stessi, da decenni o da pochi anni. Riconoscibilissimi. Questa è la strana coppia che Claudio Baglioni e i suoi autori hanno scelto per condurre le due serate di «Sanremo Giovani» il prossimo 20 e 21 dicembre (vedi box a pagina 18). Per la prima volta compaiono assieme sulla copertina di Sorrisi. Si incontrano proprio ora. Ma che cosa sanno l’uno dell’altro?
Camerino di Pippo Baudo. Come un patriarca, siede elegante e sereno pronto a passare per le mani delle truccatrici. Per lui è un ritorno a casa. In questi studi tutti, dalle sarte ai redattori, lo conoscono. Accoglienza d’onore.
Scusi Pippo, su Rovazzi si è informato ora o lo conosceva già prima?
Baudo: «Qualcosa sapevo, adesso mi informerò. Ma mica tanto! Mi piace conoscerlo sul palcoscenico. È molto più divertente, improvvisando».
Quali canzoni di Rovazzi conosce?
Baudo. «“Andiamo a comandare” è diventata un tormentone. Quella che ha fatto con Morandi (“Volare”, ndr) è molto divertente. La cosa interessante è che le sue canzoni sono come dei piccoli musical, che lui tra l’altro accompagna con filmati molto interessanti. In uno c’è anche una mia foto, quindi era destino che ci incontrassimo».
La musica che ascoltano i giovani lei l’ascolta?
Baudo: «Sì, certo. Anche se io e i giovani siamo due mondi completamente diversi. Del resto non esiste una competenza enciclopedica per cui uno capisce tutto».
Cosa le piace?
Baudo: «La trap no, non mi dà alcuna emozione. Il rap così così. Invece la formula di Rovazzi è molto innovativa».
Rovazzi è molto amato dai bambini.
Baudo: «Perché è fisicamente adatto al mondo dei bambini, ha una struttura da cartone animato».
I suoi nipoti cosa le hanno detto?
Baudo: «Loro conoscono Rovazzi, eh sì. Ma non sono ancora stati avvertiti!».
Camerino di Fabio Rovazzi. È appena arrivato da Milano con una valigetta, il suo agente, il suo ufficio stampa. E gli occhiali da sole, immancabili.
Rovazzi, tutto quello che sa di Pippo Baudo.
Rovazzi: «Devo essere sincero?»
Certo.
«Ha condotto praticamente qualsiasi cosa. Cosa non ha condotto? Questa è la domanda più difficile nella “Top 10” delle domande difficili su Pippo Baudo. So che è uno molto “aggressivo”, nel senso che si prende il 99% del palco e la cosa mi spaventa. Però dai, penso che riuscirò a collaborarci».
Quello che la spaventa si chiama «baudismo».
Rovazzi: «Non lo sapevo».
Come le è venuta l’idea di usare la foto di Baudo nel video di «Faccio quello che voglio»? Rovazzi: «Ero sul set, dovevo risolvere al volo un passaggio e ho inserito Pippo Baudo. Mi servi- va un modo simpatico e comico per entrare in un caveau protetto da un sistema di riconoscimento facciale, un lasciapassare. È stata la prima cosa che mi è venuta in mente». Perché proprio Baudo?
Rovazzi: «Ci voleva il personaggio più popolare d’Italia, lui è sempre stato nelle case degli italiani. È l’icona della televisione italiana».
Inserendolo nel video lo ha evocato.
Rovazzi: «È stata una cosa inaspettata ma non troppo. In fondo credo nel destino. Diciamo che ho agevolato l’incontro».
In un suo video che ruolo gli assegnerebbe?
Rovazzi: «Siamo abituati a vederlo elegante e a presentare, sicuramente sarebbe bello vederlo vestito casual passare per strada dietro qualcuno, come una comparsa».
Ed ecco Pippo e Rovazzi riuniti davanti all’obiettivo del fotografo. Si inizia a scattare.
Rovazzi a Baudo: «Tu sorridi in quasi tutte le foto?». Risposta: «Sì».
Baudo a Rovazzi: «I baffetti da quanto tempo li porti?». Risposta: «Da tanto. Li ho tolti per un attimo e non mi riconosceva neanche mia madre». Altri scatti. Altre domande.
Claudio Baglioni ha detto che siete «un’accoppiata interessante». Voi come la definite?
Baudo: «Il termine “interessante” mi trova concorde. Io e Rovazzi siamo due protagonisti di mondi musicali completamente diversi, non contrastanti, perché la musica poi unisce. Per me è molto eccitante».
Rovazzi: «Sicuramente c’è stato un allineamento dei pianeti perché, come dicevo, nell’ultimo video avevo inserito la foto di Baudo per scherzo. E ora mi fa ridere l’idea di ritrovarmici a lavorare».
Pippo, lei ha fatto 13 edizioni del Festival di Sanremo. È scaramantico con i numeri?
Baudo: «No, per carità».
Si sente emozionato a tornare nel mondo di Sanremo?
Baudo: «Onestamente non pensavo di tornare a fare “Sanremo Giovani”. Già l’anno scorso ho vissuto un forte impatto emotivo sul palco dell’Ariston».
In quell’occasione ha festeggiato i 50 anni dal suo primo Festival.
Baudo: «Ho improvvisato una lettera aperta a Sanremo ed è venuta fuori una cosa empatica, profonda e sincera. Quel palcoscenico ha una magia, senti una specie di paura che ti passa appena vieni accolto dal pubblico».
Lei ha paura di Sanremo?
Baudo: «In un mio Sanremo chiamai come ospite Mike Bongiorno e lui mi rimproverava, con fare paterno, perché io prima di uscire sul palco mi distraevo parlando con i macchinisti: “Cosa fai? Dobbiamo fare il Festival e ti metti a fare il fesso?”. Ma io lo facevo apposta, per distrarmi e non emozionarmi».
Rovazzi, del Festival di Sanremo cosa conosce?
Rovazzi: «Confesso che non l’ho mai seguito tantissimo, a parte l’ultima edizione che ha fatto uno scalpore pazzesco, c’era un forte interesse anche su Internet».
Chi ha vinto l’ultimo Festival?
Rovazzi: «Mmmm... Ah sì, Ermal Meta e Fabrizio Moro. E Ultimo, tra i Giovani. Mi
piaceva molto. Ho guardato la prima e l’ultima puntata. Un record. Io non accendo la tv da sei anni, pago l’abbonamento di Sky e non ho il decoder collegato. Guardo solo le serie tv e i film».
Perché ha accettato di fare «Sanremo Giovani»?
Rovazzi: «Mi sembrava ci fossero tutti gli elementi perfetti per un esordio televisivo. Ha influito molto anche la presenza di Pippo Baudo, non penso che capiti spesso un’occasione del genere. Fra tre mesi potrò dire: “Ho condotto con Baudo”. È un trofeo che mi porto a casa».
L’intento di «Sanremo Giovani» è di valorizzare i cantanti non famosi.
Baudo: «“Sanremo Giovani” è una di quelle sigle che mi appartengono. Potrei usare la mia solita espressione: “L’ho inventato io!”. È vero. Sono stato anche fortunato, perché negli anni ho trovato dei bei giovani».
Tra i giovani che lei ha lanciato al Festival ci sono stati Eros Ramazzotti nel 1984 e Laura Pausini nel 1993.
Baudo: «Quando penso a quello che è capitato a Laura Pausini... Io avevo ascoltato la canzone “La solitudine” e mi era piaciuta, in un altro momento avevo ascoltato la voce della Pausini e subito ho pensato che l’abbinamento fosse perfetto. Fu la prima volta che i maestri d’orchestra si alzarono ad applaudire».
Che consiglio darebbe a un giovane che oggi si presenta a Sanremo?
Baudo: «Siccome sono un melodico, direi: “Sì, potete metterci tante parole interessanti, potete fare tanti sproloqui, però se non ci mettete a supporto una bella melodia...”. Bisogna tornare alla canzone italiana».
Rovazzi, ci andrebbe in gara al Festival?
Rovazzi: «Sanremo è una cosa che ho sempre visto come pericolosissima».
Pericolosissima in che senso?
Rovazzi: «Nel senso che Sanremo è un’istituzione. Io con la musica ho un rapporto diverso, non sono un cantante con una grande tecnica e il rischio che io salga sul palco e venga demolito è molto facile. In questo caso sto andando a condurre e non c’è lo stesso rischio. Non nascondo che dopo “Sanremo Giovani” mi piacerebbe avere un piccolo siparietto in una puntata di “Sanremo Big”...».
Con Baglioni ha parlato del suo eventuale «siparietto»?
Rovazzi: «Sì, ne abbiamo parlato».
Invece cosa farà a «Sanremo Giovani»?
Rovazzi: «Devo ancora capire, certamente proverò a mettere del mio, perché quello che dico io l’ho sempre scritto personalmente, non mi faccio aiutare da altri. Ma niente musica».
Neanche una sigletta?
Rovazzi: «No».
Tra voi ci sono 58 anni di differenza. Vi spaventa o vi inorgoglisce?
Baudo: «L’idea di essere insieme sul palcoscenico una botta di giovinezza me la dà».
Rovazzi: «Per me collaborare con persone della mia generazione significa crescere insieme. Collaborare con qualcuno di un’altra generazione, che ha un’altra esperienza, mi dà molto di più ed è molto più utile».
In comune cosa avete?
Rovazzi. «Nulla, è proprio questo il bello. Pippo viene da un mondo lontanissimo dal mio, con dei tempi e un pubblico diversi. Però in questo caso sono io che entro nel suo mondo, non lui che entra nel mio».