Lino Guanciale
Le confessioni di un timido di successo
Lino Guanciale non sbaglia un colpo. Con «Non dirlo al mio capo 2» e «L’allieva 2» ha infilato una via l’altra due fiction «macina ascolti». E non solo. Il pubblico che lo segue in tv lo va a vedere anche a teatro, dove ora è tornato con «La classe operaia va in paradiso». Anche lì, tutto esaurito. Per Lino è davvero un periodo d’oro.
Lino, cosa mi dice della «guancialite acuta»? Sta prendendo la forma di un’epidemia negli ultimi tempi… C’è da preoccuparsi? È contagiosa? «( Ride). Sembra di sì. Ma non credo sia grave». Durante la messa in onda de «L’allieva 2» si è trasformata in «confortite», dal suo personaggio Claudio Conforti. «È una cosa divertente e mi sorprende un po’». Che sintomi comporta questa patologia?
«Non lo so, bisogna fare un’indagine sui social e reperire lì i dati. Conforti genera la malattia, ma non la conosce». Quindi neanche la terapia…
«Eh no, e qualora la conoscesse la terrebbe ben segreta! ( ride) ». Ma lei se lo riguarda Conforti in televisione? «Io preferisco sempre non guardarmi la sera della messa in onda. Magari recupero il giorno dopo. È scaramanzia. Lo stesso motivo per cui da qualche tempo non vado a vedere dal vivo la nazionale italiana di rugby, perché, a prescindere che vincano o perdano, mi sembra che giochino meglio quando non sono lì ( ride) ». Si piace?
«A volte dico: “Beh, questa è andata bene, c’è tutto quello che doveva esserci”. Però sono più le volte che noto quello che non va».
Ce l’ha un rituale quando va in onda la prima puntata di una serie?
«In genere si organizza una visione assieme a tutto il cast. Ma appena comincia la pun-
tata mi agito talmente tanto che alla fine non la guardo e vado in cucina, bevo qualcosa, mangio...». A numeri importanti come quelli di «Non dirlo al mio capo» e «L’allieva» ci si abitua?
«Non bisogna abituarsi ma cambiare, crescere, perché nel momento in cui ti fermi c’è un’alta probabilità che quei numeri poi si abbassino. Ecco perché dico sempre che, fatte due stagioni di una serie, poi ho fame di progetti nuovi. Questo poi non vuol dire che una terza stagione non possa essere forte: si giudica a partire dalla scrittura, come sempre. Ma è brutto mandare avanti le cose per inerzia. Mi metto nei panni dello spettatore: se non c’è un rilancio forte ogni volta, quello che vedi poi ti stufa. E stufa pure chi lo fa».
Al momento, stufare le sue fan sembra impossibile. Qual è la richiesta più strana che le hanno fatto?
«Mi chiedono di essere presente nei giorni più importanti della loro vita: matrimonio, laurea, diploma, battesimo dei figli. C’è anche chi chiede dei soldi per il matrimonio: “Ci daresti un contributo?”». Le ha mai accontentate?
«Anche volendo non avrei tempo. Le giornate sempre 24 ore hanno… non è cattiveria, ma non ce la faccio a essere a Castrovillari per una comunione e nello stesso
istante a Novara per un matrimonio. Soprattutto se in quel momento devo lavorare... Ma faccio del mio meglio e cerco sempre di mandare gli auguri». La cosa più folle che le fan hanno fatto per lei?
«Ero a Modena in piazza a fare uno spettacolo. Era la notte tra il 20 e il 21 maggio, che è il giorno del mio compleanno, e mentre recitavo, a mezzanotte in punto, hanno srotolato un enorme e tenero striscione con scritto “Auguri Lino” e tanti cuori intorno. È stato bello, un compleanno in piazza con lo striscione non pensavo che l’avrei mai avuto nella vita». E pensare che lei è un tipo timido e introverso.
«Da ragazzo alle feste facevo “tappezzeria”: immobile appoggiato al muro. Per ballare dovevo proprio essere ubriaco ( ride). Altrimenti restavo sempre sulle mie».
E oggi che è considerato uno degli attori italiani più affascinanti?
«Sono sempre un po’ imbarazzato quando mi si chiede una foto oppure per strada mi abbracciano. Di mio sono sì una persona affettuosa, ma non così espansiva. Quindi mi fa piacere, ma non mi ci sono ancora abituato. Penso sempre che in realtà abbiano sbagliato persona e si vogliano fare la foto con qualcun altro... Ultimam ente mi capita che pure ai semafori mi chiedano di abbassare il finestrino per farsi un selfie e intanto mi domandano come finisce “L’allieva”. Poi scatta il verde e dietro mi suonano».
Ora ha successo, affetto, popolarità. Ma non è sempre stato così. Quale è stato il momento più difficile della sua carriera?
«I primi anni, perché quando sei agli inizi non sai come andrà a finire. Passi momenti in cui lavori meno, oppure ti senti giovane e poco preparato e non sai come andrà la tua vita: davanti a quelle incognite ti senti piccolo piccolo, in ansia, e ti chiedi se sarai all’altezza». Una figuraccia che ha fatto sul lavoro?
«Io sbaglio sempre gli ingressi... Il giorno del provino all’Accademia Silvio D’Amico arrivo in piazza Verdi a Roma, scendo dal tram, entro in questo palazzo enorme e bellissimo e penso: “Accidenti
quanto è grande questa accademia...”. Poi sento uno dietro che mi dice: “Ahò ’ndò vai?” Io: “Vado a fare il provino!”. “Eccone n’altro...”. Ero entrato nel Poligrafico dello Stato. Avevo sbagliato palazzo, l’accademia era in un villino di fronte. E poi nei momenti importanti di lavoro arrivo sempre in ritardo». Questo è un problema...
«Il primo giorno di lavoro con il regista Luca Ronconi arrivai con sei ore di ritardo. Persi il primo aereo. Il secondo aveva un ritardo incredibile, persi la coincidenza del treno per arrivare in città. Insomma, un disastro dietro l’altro. Erano gli spettacoli per le Olimpiadi di Torino e io credevo che li avrei finiti prima di cominciarli». E invece?
«Mi guardò di sottecchi ma fui fortunato perché quel giorno Ronconi aveva problemi più grossi e la mia figuraccia passò in secondo piano».
Ora l’aspetta un lungo periodo a teatro. Non stacca mai?
«A fine maggio sarò libero e vorrei rifiatare. Ma soprattutto vorrei far rifiatare gli spettatori ( ride) ». ■