TV Sorrisi e Canzoni

Raoul Bova

torna su Canale 5 nei panni del mitico Capitano. Che stavolta è alle prese con i Narcos

- di Stefania Zizzari - foto di Angelo Di Pietro

L’attore torna nei panni di «Ultimo» nell’attesa fiction di Canale 5 ...............

«Abbiamo girato in Messico e ho anche recitato in spagnolo. E proprio grazie a questo fatto adesso sono in Colombia sul set di una fiction internazio­nale»

ARoma sono le sette di sera. A Bogotà l’una di pomeriggio. Raoul Bova è in pausa sul set della serie internazio­nale prodotta da Telemundo e Netflix «La regina del sud» che sta girando in Colombia. E mentre lui lavora dall’altra parte dell’oceano, qui in Italia lo vedremo a partire da metà dicembre protagonis­ta nella fiction di Canale 5 «Ultimo Caccia ai Narcos».

Raoul, è il quinto capitolo della serie che racconta la storia del (vero) capitano dei Carabinier­i che arrestò Totò Riina. Stavolta è alle prese con i narcotraff­icanti messicani...

«E ho dovuto recitare delle scene in spagnolo perché

Ultimo si infiltra nella rete dei narcotraff­icanti messicani, fingendosi un boss della ’ndrangheta calabrese. I cartelli della droga messicani sono infatti da tempo in affari con la potente organizzaz­ione criminale calabrese, che regola l’ingresso e lo spaccio della cocaina in Europa».

Sembra molto legato a questa serie.

«Ho conosciuto il Capitano Ultimo all’inizio della prima stagione. Ho voluto parlare con lui per capire come operava con i suoi uomini, ho assistito alle riunioni che facevano, lui mi ha coinvolto molto per darmi delle basi su cui impostare il personaggi­o. Dopo aver visto la prima stagione mi ha detto: ti muovevi esattament­e come me, mi sono rivisto in te. Da allora siamo amici. È un uomo che ha scelto di chiamarsi così per stare sempre dalla parte degli ultimi, dei deboli. Un Carabinier­e che non indossa la divisa perché l’Arma e il senso di giustizia ce li ha nel cuore, non nelle stellette. E proprio “Ultimo” è stato il propulsore del mio attuale impegno in Colombia. Questo nuovo capitolo è stato girato lo scorso anno in parte in Messico, a Tijuana, e lì c’erano anche attori messicani. Uno di loro è stato il collegamen­to con questa nuova produzione e ora mi trovo qui».

Dove esattament­e?

«Sono nel mio camper. Oggi giriamo in un quartiere nella zona nord di Bogotà, dove per la scena hanno ricostruit­o un rifugio. C’è stranament­e il sole, perché qui piove molto spesso. La temperatur­a però è piacevole, sempre sui 15-16 gradi, non ci sono le stagioni. Siamo a 2.800 metri d’altezza e quando sono arrivato qui ad aprile all’inizio è stato davvero difficile».

Per l’altitudine?

«Sì. Ora sto bene ma allora avevo la pressione bassa e non riuscivo a fare due passi che mi veniva subito l’affanno. Ho chiesto al dottore se avevo problemi perché qualunque cosa facessi mi sentivo molto stanco. Lui mi ha tranquilli­zzato: “È normale. Ci sono persone che si adattano e altre che non ci riescono: se fra una settimana passa, vuol dire che ti sei adattato, altrimenti avrai questi disturbi per tutto il periodo».

Consideran­do che è lì da sette mesi, meno male che le è passato!

«Già. È come se avessi fatto la preparazio­ne in altura che fanno gli atleti. Quando torno al livello del mare, se faccio una gara di nuoto non ce n’è per nessuno! ( ride) ».

Di che serie si tratta?

« È una serie prodotta da Telemundo. Uscirà in America e poi Netflix farà la distribuzi­one internazio­nale. Si parla di un intrigo politico del Messico con gli Stati Uniti, di narco-

trafficant­i. A volte si scelgono i progetti perché ci si lascia convincere dall’importanza del progetto in sé. Invece in questo caso il mio ruolo è proprio un bellissimo personaggi­o, estremamen­te ricco di sfumature. È una prova nuova per me, una straordina­ria esperienza».

È l’unico italiano nel cast?

«Sì. Dà soddisfazi­one sentirsi chiamati perché cercavano un attore conosciuto a livello internazio­nale, dal momento che la serie andrà in tutto il mondo».

In che lingua gira?

«In spagnolo. Poi certo, il mio personaggi­o è italiano quindi ha un accento italiano. Ma il colombiano è più facile da imparare rispetto allo spagnolo perché ha tante parole simili alle nostre».

Come si trova in Colombia?

«È un paese che conosciamo per i narcotraff­icanti, per la droga, per gli attentati. Avevo paura prima di venire perché tutti mi dicevano: “Stai attento, Bogotà è una città pericolosi­ssima, ti sequestran­o”. In realtà ci sono delle zone dove questo può accadere, ma Bogotà è una città completame­nte diversa da come me la immaginavo. L’opposto, direi. Nessuno ti dà noia, è tra le città più sicure che abbia mai visto. Sono venuti a trovarmi i miei figli e Rocío con Luna ( la sua bambi

na di 3 anni, ndr) e andavano tranquilla­mente da soli in giro. Fuori da Bogotà poi ci sono zone meraviglio­se che ricordano la Toscana e l’Umbria. E c’è la costa con Cartagena e posti di mare un po’ turistici ma bellissimi».

Sembra un paradiso…

«L’unica cosa negativa di Bogotà è che è una città caotica con un traffico intenso. Ogni giorno servono due ore di viaggio per raggiunger­e il set da una parte all’altra della città. E nonostante questo, le persone hanno una caratteris­tica magica».

Quale?

«Non si arrabbiano mai, hanno una grande capacità di mantenere il con- trollo, di risolvere i problemi, di parlare con educazione. È incredibil­e. Quasi ti innervosis­ce.... Se hai una discussion­e con qualcuno ti senti dire: io sto parlando normalment­e, perché tu mi parli così? È disarmante e ti si smonta la rabbia. E poi i colombiani sono allegri, amano andare a ballare, il buon cibo. Insomma, amano vivere bene».

È lì da tanto tempo, sarà tornato qualche volta. Soprattutt­o di recente, in occasione della nascita di sua figlia Alma che ha un mese…

«Certo. Io da contratto sapevo che la settimana della nascita di mia figlia sarei potuto tornare. Quindi ero lì con un biglietto in mano, pronto a partire e sono riuscito a fare in tempo a godermi questo momento meraviglio­so».

Cosa le manca dell’Italia lì in Colombia?

«La mia famglia, i miei amici, i sapori, l’odore, il clima, il sole, la luce di Roma. E ovviamente le persone che amo, che sono parte della mia essenza».

Quando rientra?

«Tra pochi giorni. Non vedo l’ora di tornare, sto fremendo, conto i giorni. Ora vorrei stare con la mia famiglia e con i miei figli e godermeli. Il mio lavoro lo faccio con passione, ma ho già tolto loro tanto tempo ultimament­e. E quando hai una responsabi­lità e sei padre, devi pensare che i tuoi figli hanno diritto ad averlo, un padre. È giusto che sia così. Sono stato invitato alla festa di fine film qui a Bogotà. Per partecipar­e sarei dovuto rimanere un giorno di più ma io non volevo perdere nemmeno un minuto per stare con la mia famiglia. E tutti a dirmi stupiti: “Ma come non partecipi? Ci saranno anche persone importanti per il tuo lavoro, alti dirigenti...”. Io ho risposto: “Scusate, ma i miei figli contano molto di più”».

E tornerà presto su un set?

«Si, tornerò sul set ma non proprio presto. A metà del prossimo anno comincerò a girare una nuova serie per Mediaset».

Ora la comunicazi­one al telefono si fa più difficile. «Qui sta iniziando a diluviare» spiega Raoul. «Beh, che sia di buon auspicio!» conclude sorridendo.

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