UN ESPERTO DI INTERROGATORI CI SPIEGA COME CAPIRE CHI MENTE
Carlo Barbieri, come si capisce se una persona è sincera in un interrogatorio? «Esistono degli indicatori non verbali, ma vanno associati alle domande che si fanno, perché indicano una situazione di disagio della persona, che non è necessariamente legata al fatto che stia mentendo». E allora? «Per interrogare una persona prima di tutto devo metterla a suo agio per capire come è nella normalità: quella è una linea base di riferimento». E poi? «Poi si osservano gli indicatori non verbali esaminando il viso, le braccia, le gambe, i piedi. Li possiamo radunare in tre gruppi: aperto-chiuso, vicino-lontano, alto-basso. Quello che è negativo è chiuso, lontano, basso mentre quello positivo è aperto, vicino, alto». Per esempio? «La pupilla che si stringe, gli occhi che sbattono più velocemente, le braccia conserte, le gambe accavallate, i piedi intrecciati, il gesticolare che rallenta, la mano davanti alla bocca o che stringe il bracciolo della sedia sono indicatori di tensione. Che non vuol dire però che la persona stia mentendo». Come si capisce se mente? «Dalle reazioni alle domande che faccio sulla base delle ipotesi investigative. Se la persona è tranquilla e quando io le faccio una certa domanda è a disagio, poi a una domanda neutra torna tranquilla, allora è possibile che abbia mentito, ma serve un insieme di elementi». Ce ne sono altri? «Sì. I cosiddetti paraverbali: l’intonazione, il volume della voce, la velocità nell’esposizione, le pause. E poi le risposte: se sono evasive o ricche di particolari. E ancora, i gesti autoconsolatori per allentare la tensione come accarezzarsi la testa, toccarsi il lobo dell’orecchio o la punta del naso, allargare il collo della camicia». Esiste un segreto? «No, ma a differenza di quello che si vede spesso nei film, mettere subito sotto pressione l’interrogato non paga: è il rilassamento che abbassa le difese e favorisce la confessione».