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Grecia Colmenares, tornata dall’Honduras, ci svela il dietro le quinte

Tornata dall’Honduras ci ha svelato tutti i retroscena del reality di Canale 5

- di Solange Savagnone

È trascorso un mese esatto da quando l’abbiamo incontrata la prima volta per il servizio di copertina dedicato a “L’isola dei famosi”. Ora la ritroviamo nello studio di Cologno Monzese, vicino a Milano, da dove va in onda il reality condotto da Alessia Marcuzzi. Ma questa volta Grecia Colmenares è da sola, abbronzati­ssima, dimagrita, avvolta in un grande asciugaman­o bianco e con un entusiasmo ancora più sincero di quando è partita. Ci abbraccia felice. Mancano poche ore alla diretta e non ha avuto ancora alcun contatto con il mondo esterno, se non con il ragazzo della redazione che l’ha scortata dall’Hondu- ras in Italia e con qualche fan che l’ha riconosciu­ta in aeroporto. Da lei partiamo per scoprire com’è davvero la vita dei naufraghi, quello che in tv non vediamo.

Iniziamo dalla fine: che cosa succede quando ha lasciato la “palapa” dopo l’eliminazio­ne?

«Mi hanno portata in una casa sull’isola, dove mi hanno subito fatto una video intervista, senza nemmeno darmi il tempo per una doccia, ma offrendomi prima un pezzetto di cocco. Poi mi hanno accompagna­ta in albergo, dove ho fatto un bagno e finalmente ho cenato».

Il primo vero pasto dopo settimane di privazioni.

«Ho mangiato molto lentamente quello che ho chiesto: spaghetti e platano ( frutto tipico del Sudamerica, ndr). Credevo che lo stomaco si fosse chiuso, invece avendo sempre bevuto tanto non ho avuto problemi. Una volta arrivata in Italia mi hanno portato direttamen­te in una casa isolata, senza tv e radio. Mi sono fatta la tinta ai capelli da sola. Solo dopo la puntata ci ridanno il cellulare che ci avevano sequestrat­o prima di partire per l’Honduras».

A proposito, cosa avete fatto laggiù nei giorni che hanno preceduto l’inizio del programma?

«Dopo una notte in albergo a Milano abbiamo preso tutti lo stesso aereo. Arrivati in Honduras ci hanno portati in una villa dove ci siamo arrangiati per qualche giorno. Finché all’improvviso ci hanno detto di indossare il costume e ci hanno portati a prendere l’elicottero da cui ci siamo lanciati per arrivare a Cayo Cochinos».

Com’è una giornata tipo sull’isola?

«

Ci si sveglia con il sole, non abbiamo orologi e ci regoliamo con le ombre, anche per prendere eventuali medicinali a orari prestabili­ti. Poi ci si lava e si va subito

a girare la ruota per avere il riso: dobbiamo fare mille giri pari a otto chilometri. Chi non ce la fa, va a pescare o a cercare la legna».

Come fate a lavarvi? «

Io usavo l’acqua di mare e il sale per tutto: per lavarmi i capelli, i denti e i vestiti, che strofinavo con un po’ di sabbia e lasciavo asciugare al sole. In dotazione abbiamo un dosatore con del sapone naturale per non inquinare, ma è razionato e se finisce prima del previsto ci si arrangia. Specchi non ce ne sono e per depilarsi si usano dei rasoi con le lamette. Ma io non ne avevo bisogno».

Quanto sono presenti i cameraman?

«Non c’è neanche un momento in cui non ci sia una telecamera vicino a noi. Anche quando mi svegliavo di notte me ne trovavo una accanto. Non possiamo parlare con gli operatori e nemmeno guardarli quando ci riprendono. Sono tutti uomini. Solo se andavamo “in bagno”, ossia nella foresta, ma non troppo lontano per evitare incontri spiacevoli con animali pericolosi, ci lasciavano soli».

Invece come funzionano i confession­ali?

«Gli autori ci chiamano, a gesti o con uno sguardo. Accanto al cameraman c’è appunto una persona che ci fa delle domande, le più varie, a cui dobbiamo rispondere. Ma non c’è interazion­e».

Neppure con il medico?

«Assolutame­nte no. Il medico ci viene a visitare per controllar­e quanto peso abbiamo perso e per misurarci la pressione. Le uniche domande che ci fa sono sulla nostra salute».

In caso di emergenza che cosa succede?

«Sappiamo che il medico della produzione, che sta su un’altra isola, può raggiunger­ci in otto minuti».

Avete anche un supporto psicologic­o?

«Certo, c’è uno psicologo. Io l’ho incontrato un paio di volte: la prima settimana e una decina di giorni dopo. La produzione lo accompagna da noi e lui ci fa una sorta di interrogat­orio. Ovviamente in caso di emergenza anche lui arriva in pochi minuti».

Antidoti contro la noia e la stanchezza?

«Io cantavo e ballavo: non mi sono mai annoiata, neanche un giorno. Neppure quando pioveva. Anzi, mi ingegnavo per affrontare ogni situazione. Per esempio, per riparare i vestiti dalla pioggia li chiudevo dentro una giacca impermeabi­le chiusa con una cerniera lampo e alla quale annodavo le maniche. Poi l’ho insegnato anche agli altri naufraghi perché ognuno deve imparare a sopravvive­re come può. Nessuno ci dice come fare o ci dà consigli. Bisogna imparare ad arrangiars­i da soli».

La cosa più difficile di questa avventura?

«Tutto è estremamen­te difficile, devi dormire sulla sabbia fredda e umida, scomoda e irregolare. E quando ti svegli spesso è tutto bagnato. Ma a me non dava fastidio: ero felice di tutto. A parte per insetti, zanzare e scarafaggi enormi. Per come l’ho vissuta io, però, è stata un’esperienza di sopravvive­nza meraviglio­sa, alla quale bisogna essere preparati psicologic­amente e fisicament­e, altrimenti diventa un incubo. Io sono molto orgogliosa di me».

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(56) GRECIA COLMENARES

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