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Torna con “Le parole della settimana” ...........................

«Il linguaggio è fondamenta­le nella vita di tutti. Io, per esempio, lavoro perché mio figlio dica “papà” prima di “mamma”!»

- Di Solange Savagnone (il primo figlio della moglie Simona, ndr), (Sparaco, scrittrice, ndr).

Le parole, per Massimo Gramellini, sono come note musicali. E lui le maneggia con l’abilità di un direttore d’orchestra. Lo vediamo nel suo talk show “Le parole della settimana”, che riparte sabato 5 ottobre su Raitre. Lo schema non cambia: scava nell’attualità servendosi, appunto, di termini e definizion­i. E di ospiti da intervista­re. Ora però quello sotto torchio è lui: gli abbiamo chiesto di raccontarc­i le parole della sua vita. Massimo, cosa le piace delle parole? «Mi piace quando evocano un’emozione o un sentimento. Quando non raccontano tutto e lasciano uno spiraglio alla libera interpreta­zione: sono come note musicali che ti creano dentro un movimento, una musica». La prima parola che ha detto?

«Immagino sia stata “mamma”, ma non ricordo. Però, avendo un figlio di sei mesi, sto aspettando che dica la sua prima parola. Io spero sia “papà”, e per questo gliela ripeto in continuazi­one. Ma interpreta­ndo i versetti che ha iniziato a fare mi sa che sarà “mamma”...». Quelle che dice appena sveglio?

«“Ho sonno”, “Voglio dormire” o “Ancora 10 minuti”. Mi alzo presto perché ho in casa un bimbo di 7 anni, Diego

che vuol fare colazione con me e mi apre gli occhi “manualment­e” alle 7.15».

Quando si guarda allo specchio la prima parola che le viene in mente è…

«“Oddìo”, “Aiuto!”. Però non è neanche più così vero: sono dimagrito di otto chili negli ultimi sei mesi...».

Come ha fatto?

«Ho smesso di mangiare i dolci, di cui vivevo. È bastato questo per cambiare metabolism­o. Li ho aboliti per motivi di salute perché avevo i trigliceri­di alti. Ora si sono dimezzati e posso confermarl­o: gli zuccheri fanno male! Ma mi mancano tanto, ogni tanto me li sogno…».

Come farà il 2 ottobre, giorno del suo 59° compleanno?

«Non posso ricadere nel vizio e quindi eviterò di fare una festa con la torta, anche perché se ne mangio una fetta, il giorno dopo finisce che ne mangio dieci. Magari farò una torta salata per mettere due candeline “a numero”, visto che 59 non ci starebbero. Sono felice, però, perché tanti mi dicono che non dimostro la mia età, forse perché ho i lineamenti da bambino. Quando ero un ragazzino questo per me era un disastro, ora invece è un vantaggio».

Torniamo alle parole: quale usa per chiamare sua moglie?

«La chiamo per nome: Simona

Però il giorno in cui ha vinto il premio letterario DeA Planeta per il libro “Nel silenzio delle nostre parole”, nella rubrica del telefono ho associato al suo numero il nome: “DeaP”. Ma non la chiamo così, ovviamente».

Visti i rispettivi lavori le parole sono state galeotte nel vostro amore?

«Hanno influito. Ci siamo conosciuti con le parole e solo in seguito di persona. La nostra prima comunicazi­one, vivendo lontani, è avvenuta via mail. Poi al telefo

no ci siamo raccontati tante cose. Quando ci siamo conosciuti di persona sapevamo già tutto l’uno dell’altro. Mi chiedevo solo se mi sarebbe piaciuto il suo odore, è molto importante in una coppia. Il naso è un senso fondamenta­le, molto intimo. Mi è capitato di intervista­re donne bellissime che però avevano un odore che non mi piaceva, respingent­e».

Per vostro figlio usa un nomignolo? «Si chiama Tommaso e temo verrà naturale prima o poi chiamarlo Tom o Tommy. Ma per ora uso il nome per esteso. Mi sono anche imposto di non fargli la vocina scema. Anche se poi quando si sveglia, mi guarda serio e dopo cinque secondi mi mette a fuoco e ride, io mi sciolgo come un bignè».

La parola che usa più spesso?

«Nei momenti di vuoto e silenzio dico “allora”. Me ne sono accorto rivedendom­i in tv. Quest’anno mi impegnerò a farlo meno!».

Ha un intercalar­e tipico?

«Ho alcuni tormentoni che mi piacciono e che uso in trasmissio­ne. In particolar­e ho una domanda che ho fatto per la prima volta a Giuseppe Fiorello e che ora pongo spesso ai miei ospiti: “Quando è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta?”. Non è marzullian­a, è un modo per risalire all’ultima volta in cui ci si è sentiti bambini. Tutti gli ospiti ridono all’inizio, poi ci pensano e tirano fuori cose pazzesche».

Lei cosa rispondere­bbe?

«Non ci sono dubbi: un figlio alla mia età è una bella scommessa».

Qual è la parola che ha il suono più piacevole?

«La mia amica, la scrittrice Chiara Gamberale, dice sempre che le piace la parola “annuì”. Gliela rubo».

Quella dal significat­o più bello?

«Rimane “amore”. Anche se la usiamo troppo e a sproposito, è il suono più bello. Ed è magico. Ma andrebbe più pensata che detta».

Citando il film “Love story”, in amore non si dovrebbe mai dire…

«“È colpa tua”. Non è mai colpa di nessuno, e i problemi dipendono da entrambi. Non ci sono vittime se non nei casi limite o di cronaca nera. Dire questa frase fa solo chiudere l’altro in se stesso e blocca la comunicazi­one. Il problema delle parole è che sono sempre interpreta­bili in base al tono e al contesto in cui vengono pronunciat­e. A Diego, quando si lamenta con Simona perché esce e le dice: “Mamma, te ne vai?” spiego che fra dieci anni userà quella stessa frase, ma cambierà il tono e quindi il significat­o».

La parola che ama sentirsi ripetere?

«Mi piace che mi dicano “bravo”, perché in fondo sono un insicuro. Quando l’insicurezz­a non è cronica ti permette di non prenderti mai troppo sul serio, ed è un bene. Da anni curo una rubrica per il Corriere della Sera, eppure ogni volta che mando il pezzo al giornale ho la stessa ansia della prima volta. Forse però è il segreto per vivere bene».

Sulla porta del suo ufficio cosa scriverebb­e?

«Portatemi solo problemi già risolti».

Conta fino a 10 prima di parlare?

«Dovrei farlo più spesso. Ogni tan

to faccio delle gaffe. Il silenzio a volte è l’arma migliore. L’ideale sarebbe parlare solo quando non si hanno altri modi per comunicare».

È più bravo a parlare o ad ascoltare?

«Per me è uno sforzo ascoltare, però quando l’ho fatto nella vita ho avuto grandi soddisfazi­oni. Una mia insegnante diceva che non è un caso se abbiamo una bocca sola e due orecchie. Siamo nell’epoca del narcisismo e proprio per questo conquisti gli altri sempliceme­nte ascoltando­li. Anche in tv mi rendo conto che le interviste più belle sono quelle in cui mi interessa quello che racconta l’ospite».

Le parole che non ha mai detto?

«Come tutti ho il rimpianto di non avere detto certe parole a persone che non ci sono più. Penso a mio padre, scomparso 20 anni fa. Quando una persona se ne va lentamente, per scaramanzi­a rimandi quello che vorresti dirle, ma la verità è che il tempo non c’è. Avrei voluto chiarire alcune cose, farmene raccontare altre. Invece era già sul letto di morte e ogni volta che cercava di parlarmi glielo impedivo dicendo che avremmo avuto tempo. Mi ingannavo. Nelle ultime settimane sono stato tanto tempo con lui, ore e ore a guardare la tv. Se solo avessi abbassato il volume… ma forse avevamo paura entrambi».

Le parole con le quali vorrebbe essere ricordato?

«“Fai bei sogni”. Una bella frase, oltre che il titolo del mio libro. In realtà non c’è una parola precisa, però mi piacerebbe che l’ultima parola a uscire dalle mie labbra fosse “grazie”». ■

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Massimo Gramellini (59 anni il 2 ottobre) nello studio di “Le parole della settimana”, arrivato alla quarta edizione.

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