Raffaella Carrà
La verità sul suo caschetto .....
Q «uesto programma, pur essendo intimista, mi fa lavorare tantissimo» dice Raffaella Carrà prima di scappare a registrare una nuova puntata. E aggiunge raggiante: «Ma è una cosa che mi affascina molto». Il programma è “A raccontare comincia tu”, è prodotto da Ballandi Arts e il 24 ottobre su Raitre parte con la seconda stagione.
Raffaella, la prima stagione del programma è piaciuta molto.
«Non me l’aspettavo, perché la mia immagine è: Raffaella canta, balla, fa cose divertenti con gli abiti più strambi del mondo. Ero insicura, non sapevo se il pubblico mi avrebbe apprezzato in questa nuova veste. I buoni risultati mi hanno resa felicissima e mi sono detta: allora c’è anche un altro modo per fare televisione, ed è una televisione diversa da quella che ho fatto finora».
Sta preparando quattro nuovi incontri. Come sceglie i personaggi?
«Non decido mai da sola, è una scelta comune con Sergio (Japino, che è regista e direttore artistico del
programma, ndr) e il direttore di Raitre Stefano Coletta. Sono artisti di altissimo livello, che hanno tanto da dire. Ricordo, nella stagione passata, Riccardo Muti, Paolo Sorrentino o Maria De Filippi: con lei mi sono divertita un sacco. Per non parlare di Sophia Loren: è una donna fantastica e tra noi c’è “chimica”. Da allora ci sentiamo spesso. Le persone che ho incontrato finora mi hanno regalato dei momenti privati così emozionanti, divertenti, carini che mi sono fatta coraggio e ho detto: va bene, facciamo un’altra serie, ma con non più di quattro personaggi perché la preparazione è faticosa. Per ognuno di loro mi documento molto bene perché vorrei entrare nell’intimo di queste persone».
Si parte con Renato Zero…
«Lui è il primo vero amico che ospito nel programma. Ci vediamo spesso, soprattutto al mare perché abbiamo le case l’una accanto all’altra: mangiamo insieme, ci frequentiamo, c’è una bella intimità tra di noi. Nel nostro incontro uscirà fuori il Renato Fiacchini, non il Renato Zero che tutti conoscono. Quello che cerco è di regalare un aspetto inedito di tutti i personaggi che racconto».
Facciamo un gioco: lei è l’ospite di una puntata di “A raccontare comincia tu”. E visto che è l’ospite a decidere l’ambientazione che gli è familiare, lei quale sceglierebbe?
«Andrei all’Auditorium del Foro italico della Rai, dove ho fatto “Carramba” per cinque anni, perché lì ho vissuto la vita di un sacco di persone ed è stato per me un periodo indimenticabile».
Quale domanda le piacerebbe che le venisse fatta per cominciare?
«Mi piacerebbe che mi chiedessero quali erano i miei sogni e qual è la mia realtà».
Quali erano i suoi sogni e qual è la sua realtà?
«Ma allora c’è il trucco! (ride). Da bambina sognavo di vivere nella musica classica, e ho studiato danza a Bologna da quando avevo 3 anni e mezzo: volevo diventare una coreografa di balletto classico. A 14 anni mi sono trovata nei corridoi a domandare alla mia insegnante, la fondatrice dell’Accademia nazionale di danza che stavo frequentando: “A quanti anni posso diventare coreografa?”. E lei: “28 anni, come minimo, per avere il diploma, poi ci sono le specializzazioni… (la
imita con l’inflessione russa, ndr). Ho pensato che fosse davvero troppo tempo, allora mi sono ritrovata al Centro sperimentale di cinematografia, dove facevo corsi di attrice. Ma io l’attrice non la volevo fare…».
Eppure aveva già cominciato a recitare a soli 8 anni.
«Sì, un episodio piccolissimo e del tutto casuale. Ma per il cinema non era scoppiato il colpo di fulmine».
E quindi?
«A me piaceva la creatività. Avrei amato fare l’autore di tutto, mi piace inventare, costruire, confrontarmi. E pure in televisione io parto sempre da quello. I vestiti, il trucco, i capelli, le fotografie, le prove degli abiti per me
sono una noia mortale. Se solo potessi fare tutto con un grembiule e basta…(ride). Ma via via mi sono dovuta adattare».
A proposito di capelli e del suo famoso caschetto biondo, ha mai avuto la tentazione di farsi mora e riccia?
«Pensi che i miei capelli naturali sono castani scuri con le onde mediterranee. Il caschetto è nato verso il 1970 e non l’ho mai più abbandonato, ma se guarda le foto da allora in avanti noterà che non è mai uguale. La mia teoria è che devi essere riconoscibile ma nello stesso tempo devi cambiare e rinnovarti poco a poco».
Quando non lavora cosa fa?
«Quando mi rompo le scatole prendo un aereo e me ne vado a Madrid, una città che mi piace moltissimo. Vado a vedere spettacoli, passo del tempo con i miei amici e mi distraggo. Poi mi piace andare all’Argentario anche d’inverno: lì al mare respiro un’aria più pulita di quella di Roma. E lì, soprattutto d’estate, mi piace fare i tornei di burraco. In casa mia c’è una lunga fila di coppe…».
La televisione la guarda?
«Sì, soprattutto l’approfondimento politico. Poi seguo i miei colleghi nei vari show e un po’ soffro per loro, perché oggi l’ospite arriva in studio mezz’ora prima mentre ai miei tempi era obbligato a venire almeno tre giorni prima, per preparare una cosa che fosse professionale e fatta bene. Ora invece è tutto fatto all’impronta. Che poi all’impronta va bene, ma deve esserci una base sicura, preparata, su quella poi ti lasci andare».
Nella sua carriera ha incontrato i grandi della televisione.
«E ho capito che i grandi personaggi sono i più semplici, mentre i piccoli sono noiosi e boriosi. Ricordo il meraviglioso cameratismo di Mina: di giorno lavoravamo anche 18 ore con Antonello Falqui che era meticolosissimo, ma poi il risultato si vedeva, e di sera ci facevamo delle lunghe partite a carte, a scopone scientifico, chiacchierando e sorridendo di tutto. Hanno cercato di farci diventare antagoniste ma non ci sono mai riusciti».
Lei ha lavorato anche con Corrado.
«Per la sua umanità e la sua simpatia è stato amato da tutti coloro che lo hanno conosciuto. Con me c’era una chimica speciale. Abbiamo fatto due edizioni di seguito di “Canzonissima”. Poi mi proposero di fare “Fantastico 3”. Io stavo cantando ad Acapulco… Non male eh? (ride). Risposi: “Lo faccio solo con Corrado”. Sua mamma lo chiamò e gli disse “Corra’, con Raffaella lo devi fa’”. E così andò».
Recita, conduce, balla, canta, intervista… c’è qualcosa che non è riuscita ad imparare?
«A suonare il pianoforte, l’avrei voluto tanto studiare». ■