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LE POESIE A MEMORIA

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Caro direttore, dissento dal suo articolo dove lei dice che una sassata sul ginocchio le avrebbe fatto meno male rispetto all’imparare una poesia a memoria. E credo che tutti debbano esercitare la propria memoria, come dice nell’articolo la professore­ssa Margherita Oggero, poiché noi italiani abbiamo poca memoria in generale... Nel 1966 facevo la seconda elementare e nel libro di lettura c’era una poesiola (mi sembra di Gianni Rodari) che recita più o meno così: “Pecos Bill dell’Eldorado/attraversa­ndo il fiume a guado/giunse infine a un isolotto/e il cavallo mette al trotto./Gli hanno detto che ci vive/proprio qui fra queste rive/ proprio qui, fra queste piante/ l’Ippopotamo Gigante./Bill che ignora la paura/si dispone alla cattura./Striscia già in avanscoper­ta/ma quest’isola è deserta/è deserta, ma per Giove/

questa terra qui si muove/è quell’isola burlona/l’ippopotamo in persona./Bill dice, come faccio?/E depon deluso il laccio”. Nessuno mi ha detto di impararla a memoria. Eppure la ricordo.

Enrico Caporossi, Tivoli (ROMA)

Compliment­i, Enrico, che meraviglia! Anch’io ho qualche ricordo di “poesia” imparata a memoria da bambino. Era il “carosello” di una carne in scatola: “Quaggiù nel Montana tra mandrie e cowboy/c’è sempre qualcuno di troppo fra noi”. Però non ricordo come continuava.

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