MASSIMO REALE «Per Fumagalli mi sono ispirato a Margherita Hack»
Cadenza toscana, modi bruschi, ironia macabra. È questo il dottor Fumagalli, fido collaboratore del vicequestore Rocco Schiavone (Marco Giallini). A interpretarlo è l’altrettanto toscano Massimo Reale.
Come descrive il suo dottor Fumagalli?
«È uno scienziato che ha un rapporto quotidiano con la morte. Lui canta e ascolta la musica mentre fa le autopsie, fa tutto quello che facciamo anche noi mentre lavoriamo».
Un dottore con il gusto del macabro.
«In genere nelle serie tv il medico che fa le autopsie è burbero e bizzarro perché si deve trovare un modo di giustificare la sua dimestichezza con la morte. Il drammatico diventa qualcosa che richiede un tipo particolare di approccio».
La prima cosa che ha pensato quando le hanno offerto questo ruolo è stata...
«Chissà come faremo tutte ’ste scene con tutti ’sti cadaveri».
E come avete fatto?
«Sul set abbiamo un manichino bucato con dentro gli avanzi di una macelleria che si trova lì vicino, budella di capretto, fegato di maiale...».
Il cadavere “peggiore”?
«Nella prima stagione il regista Michele Soavi, che aveva esperienza col genere horror, lasciava pezzi di cadavere in giro, aveva un gusto un po’ macabro».
Avrebbe mai pensato di finire a dissezionare cadaveri in tv?
«No, mi vedevo di più con un teschio in mano a recitare l’Amleto. Ma sono molto felice del mio personaggio».
Come si è preparato?
«Il personaggio è già molto chiaro nei libri di Antonio Manzini. Ho solo aggiunto qualcosa del modo di fare della scienziata Margherita Hack che parlava in maniera popolare di cose profondissime, trattava l’astrofisica con il tono con cui mia nonna mi spiegava la ribollita».
Dalla prima alla terza stagione il suo Fumagalli come è cambiato?
«Ha guadagnato più spazio nella storia. Ora si racconta anche il suo rapporto di odioamore con l’esperta della Scientifica interpretata da Lorenza Indovina».
I suoi riferimenti da spettatore?
«Uno, mitico, è il dottor Pasquano de “Il commissario Montalbano”. Lui e il mio Fumagalli sono molto diversi, ma simili nel difendere la qualità del proprio lavoro». ■