Pezzi unici
ANCHE NOI SIAMO
Sergio Castellitto e Giorgio Panariello sono i protagonisti della fiction di Raiuno
Nella nuova fiction di Raiuno Castellitto è Vanni il falegname («Lavorare il legno è stato bellissimo»), Panariello il suo amico fabbro («E per la prima volta non farò il comico»). Insieme raccontano a Sorrisi com’è andata sul set
Icalli sulle mani sono andati via. O magari non sono mai venuti. Oggetti in legno o in ferro non ne hanno realizzati. «Ho solo costruito degli elementi di una struttura più grande, però ho imparato a usare il tornio e le lime» confessa divertito Sergio Castellitto. «Io ho saldato la gamba di un tavolo» ride Giorgio Panariello mentre sorseggia un succo di frutta su una terrazza affacciata sui Fori romani. «Mica è facile usare il saldatore…». Tant’è. In fondo il lavoro dell’attore è quello di simulare, e nei panni di Vanni, il falegname protagonista della nuova serie di Raiuno “Pezzi unici”, diretta da Cinzia TH Torrini, Sergio Castellitto è credibilissimo. Come pure Giorgio Panariello che interpreta Marcello, il migliore amico di Vanni, fabbro, artigiano pure lui: «Ma lei me lo chiede per capire se, nel caso in cui il lavoro di attore andasse male, ho comunque imparato un altro mestiere? (ride)».
La storia, coprodotta da Rai Fiction, Indiana Production e Cassiopea Film Production, è ambientata nel mondo dell’artigianato toscano. Una vicenda che si colora di giallo per la trama che attraversa le sei puntate, che ricostruisce poco a poco la morte del figlio del protagonista. Suicida, almeno così sembra. E poi ci sono le tinte più accese che raccontano il passato difficile dei cinque “pezzi unici”, che sono ragazzi con una vita complicata alle spalle. E ancora, la funzione “salvifica” del lavoro manuale: nell’insegnare loro il mestiere della falegnameria, Vanni in realtà insegna a questi ragazzi a tornare alla vita. Che poi è quello che riesce a fare lui stesso dopo il terribile lutto, ritrovandosi con cinque nuovi figli e una sorta di nuova famiglia.
Sergio Castellitto, un gigante tra gli attori italiani, è nella casa di campagna a trascorrere qualche giorno di riposo. Poterlo intervistare dopo averlo apprezzato anche come interprete e regista dei film tratti dai libri della moglie Margaret Mazzantini (che ho divorato dal primo all’ultimo) è un vero regalo. L’alchimia artistica tra lui e la moglie ha qualcosa di magico. E di straordinario. Se penso che io e mio marito non riusciamo a realizzare insieme neanche una lasagna al forno mediamente commestibile…
Comunque, calli sulle mani o meno, l’attore non si perde d’animo se si tratta di fare delle piccole riparazioni domestiche. «Ho appena aggiustato il bracciolo di una sedia» racconta. «Le attività manuali sono una sorta di yoga, un momento di concentrazione e di rilassamento».
Sergio, davvero le piacciono i lavori manuali?
«La nostra è un’epoca inodore, digitale, dove ci si dice ti amo o ci si lascia con un tweet. Interpretando Vanni, un formidabile artigiano, anzi un artista nel suo lavoro, ho riscoperto le sensazioni della materia: il legno ha un odore, una vita, le mani si feriscono, esce il sangue, la falegnameria è piena di polvere. È stato emozionante riscoprire tutta questa materia, alla quale non siamo più abituati».
Viene in mente Geppetto.
Sergio: «Già. Vanni è una specie di Geppetto, che insegna a tirare fuori la vita dal legno».
I cinque ragazzi, i “pezzi unici” del titolo, in fondo è come se fossero cinque Pinocchi…
Sergio: «Esatto. E il sesto Pinocchio è proprio Vanni. E come scioglieva quei nodi che incontrava lavorando i legni, imparerà a sciogliere i nodi della sua vita, arrivando a una riconciliazione con la sua ex moglie, a una riconciliazione con se stesso e a una riconciliazione con la memoria del figlio, che lui ha amato sopra ogni cosa».
In questo percorso gli sarà accanto l’amico di sempre, Marcello. Un amico molto paziente… Giorgio Panariello: «Già. Marcello è un fabbro, e lui e Vanni sono “uscio e bottega”, i loro laboratori sono uno accanto all’altro. Questo è il personaggio che sognavo di fare da tempo. Lo sa qual è la frase che la regista Cinzia TH Torrini mi ripeteva più spesso?».
Quale?
Giorgio: «Mi diceva: “Togli Mario il bagnino!”».
Che cosa intendeva?
Giorgio: «Finora avevo fatto sempre ruoli comici dove si tende a caricare il personaggio. Invece qui dovevo togliermi il cabaret di dosso. Penso di esserci riuscito. Io ci ho messo l’anima».
Sergio: «Giorgio è la conferma di una regola: spesso i grandi comici sono dei grandi attori drammatici. Ha tirato fuori una sostanza umana che dà ricchezza al suo personaggio, al film e alla sua relazione con me».
Giorgio: «Sergio è stato un compagno di lavoro straordinario. Sul set accanto a lui avevo una grande ansia da prestazione. E invece mi ha dato dei consigli
e la cosa che mi ha sorpreso di più è che me li ha dati, lucidissimi e puntuali, anche sulla comicità».
Un segreto del set?
Sergio: «Il panico che mi accompagna sempre nel primo giorno di riprese».
Non sembra possibile che un attore della sua esperienza arrivi sul set con il panico…
Sergio: «Certo! E me lo tengo ben stretto, perché è un’emozione che un attore dovrebbe conservare anche se ha 30 anni di esperienza: è ciò che lo rende ancora
vivo! È uno strumento fondamentale per lasciarsi attraversare dal personaggio e imparare qualcosa da lui».
E cosa ha imparato da Vanni?
Sergio: «Che tutti ci riempiamo la bocca dell’idea di quanto sia necessario ascoltare gli altri, ma è una cosa molto difficile, siamo tutti disattenti. Spesso non aspettiamo neanche che gli altri finiscano di parlare prima di cominciare a parlare noi».
Ora cosa vi aspetta?
Sergio: «Sto montando il film che ho
girato come regista a Cinecittà e che uscirà la prossima primavera. È tratto dall’ultimo soggetto che scrisse Ettore Scola e che non ha mai realizzato. L’ho riscritto con Margaret (Mazzantini, la moglie, ndr)».
Giorgio: «Ho scritto la sceneggiatura di un film, un fantasy “animalista”, e spero di poterla realizzare. Poi, concluse se Dio vuole con quelle di fine anno le date del Trio (lo spettacolo con Conti e Pieraccioni, ndr), comincio a preparare il mio nuovo spettacolo teatrale. Partirò con il tour nella prossima primavera e l’idea è quella di rodare pezzi e nuovi personaggi per poi arrivare in televisione: il prossimo anno saranno 20 anni da “Torno sabato”. Ma confesso che, maturando, forse quello che vedo di più nel mio futuro è la recitazione. Ho quasi 60 anni e con cinema e serie tv si è aperto un mondo. Ecco, mi auguro che sia quello il mio futuro: al cinema. Ma non a vendere bruscolini e popcorn nell’intervallo... (ride)». ■