Bruno Vespa
Racconta di vini, libri, tv, Natale e… famiglia .........................
Y «es, at eight o’ clock please. Thank you». Per un istante Bruno Vespa si allontana dal telefono. Poi riprende: «Mi scusi, sono a Mosca a presentare i miei vini...».
E piacciono ai russi?
«Eccome. Soprattutto quello che porta il mio nome “Bruno”. È il più economico».
Perché ha scelto di dare il suo nome proprio al più economico?
«Perché sono un personaggio nazional-popolare. È il quinto vino più richiesto nelle enoteche del maggiore importatore. Ma non solo in Russia: esportiamo in 22 Paesi in tutto il mondo».
Da quando è produttore di vini?
«La “Vespa vignaioli” è nata circa 10 anni fa, ma ho sempre avuto grande interesse per il vino. Poi quando è stato possibile ho acquistato in Puglia una piccola masseria, che mia moglie ha ristrutturato con amore. Sono 31 ettari di terreno dove produciamo il Primitivo, il Fiano e il Negroamaro (www.masserialireni.com, ndr)».
Quale le piace di più? «È come chiedere quale figlio preferisci».
Bene, allora passiamo
all’altra sua creatura, quella televisiva.
«Le anticipo che “Porta a porta” avrà agli inizi di gennaio uno speciale in prima serata con i ragazzi de “Il Volo” che verranno a celebrare dallo “zio Bruno” i dieci anni di carriera».
Il programma è nato nel 1996. Se si volta indietro, qual è il momento che ricorderà per sempre?
«L’annuncio della morte di papa Giovanni Paolo II (avvenuta il 2 aprile 2005, ndr)».
E una puntata di cui va particolarmente fiero?
«Nel dolore, quella del 6 aprile del 2009 sul terremoto dell’Aquila. La diretta dall’elicottero resta una delle cose più forti».
E quella volta in cui si è trovato in difficoltà?
«Ricordo le polemiche che suscitò l’intervista al figlio di Riina, Salvo. Intervista che rifarei esattamente negli stessi termini, perché si capì per la prima volta quale impunità ebbe Riina andando a visitare in ospedale la moglie che aveva appena partorito, o andando in vacanza con i figli. Totò Riina stava sotto l’ombrellone con la sua famiglia. E tutto ciò si è capito soltanto con quella testimonianza».
È quasi Natale: la tradizione alla quale non rinuncia?
«Sicuramente alla cena del 24 e al pranzo del 25 con la famiglia al completo». Cosa porterete in tavola? «Il cenone della Vigilia sarà a base di pesce, con un assaggio di capitone, che ormai è desueto ma per me è una tradizione irrinunciabile. E si chiuderà sempre con il torrone al cioccolato dell’Aquila. Nel pranzo di Natale invece non può mancare il brodo con il cappone».
Fa l’albero e il presepe? «Sì, ci tengo parecchio, soprattutto al presepe. Da anni ne ho uno molto bello fatto da una scultrice sici
liana. È sobrio, senza “effetti speciali”, ma le statuine sono meravigliose. Mio padre era bravissimo a fare il presepe. Peccato che io non abbia la sua stessa manualità. Infatti non lo aiutavo per non fare danni... Lui ogni anno si dedicava alla preparazione con cura. La neve con i fiocchi di ovatta, l’acqua per la cascatina, il brecciolino per le stradine, e poi il muschio... Sento ancora quel profumo nel naso».
Il regalo che ha amato di più da bambino?
«Mi piacevano i film western e vestirmi da Tex Willer: quando arrivavano il cappello, la cartucciera, il fucile e la camicia da cowboy ero un bambino felice».
E quello che vorrebbe ricevere quest’anno?
«In realtà più che riceverli, io adoro farli i regali. Li scelgo tutti personalmente con grande cura, mi ci vuole un sacco di tempo e parto con largo anticipo».
È già a buon punto allora?
«Li ho già impacchettati quasi tutti». ■