SERVIZI I loro ricordi di… ragazzini sotto l’albero ................................
Si sono conosciuti 35 anni fa e da allora hanno condiviso successi e momenti bui. «All’esordio sul palco ci tiravano di tutto!»
Il numero tre ritorna tre volte in questa intervista. La nostra chiacchierata inizia infatti quando mancano tre ore all’inizio dello spettacolo al teatro degli Arcimboldi di Milano. Tre sono gli anni passati da quando “Il tour” ha iniziato a girare l’Italia. E tre sono loro: i protagonisti di questo travolgente show teatrale in cui si ride dall’inizio alla fine, salvo una parentesi commovente legata alla paternità. Nel camerino di Carlo Conti c’è una quantità inverosimile di dolci. E mentre aspettiamo che Leonardo Pieraccioni e Giorgio Panariello si cambino d’abito dopo il servizio fotografico che vedete in queste pagine, io e Carlo ci facciamo fuori un’intera confezione di arachidi caramellate. O “addormentasuocere”, come le chiama lui che è toscano. Quando ci raggiungono gli altri due iniziamo a parlare di questo successo, a dire il vero inatteso anche per loro. «Volevamo fare un paio di date all’Arena di Verona per ricordare lo spettacolo che 25 anni fa ci ha consacrati (“Fratelli d’Italia”,
ndr). Invece il pubblico ci ha dimostrato un affetto enorme» spiega Carlo.
Come avete fatto a scriverlo, visti i rispettivi impegni?
Carlo: «Trovandoci a casa di uno o dell’altro, in un momento in cui eravamo tutti e tre abbastanza liberi. Ci è venuto facile buttare giù le idee».
Giorgio: «Come logistica era meglio trovarci vicino a Firenze, perché Leonardo odia muoversi, sta bene a casa sua».
Leonardo: «Sì, sono pigro. Loro sono iperattivi, specie Giorgio. Io invece passo le giornate spostando gli asciugamani dagli scaffali. Da nove anni però mi è cambiata la prospettiva grazie mia figlia Martina (di 9 anni, avuta dall’attrice Laura Torrisi, ndr) che mi impegna come una moglie di 44 anni!».
“Il tour” arriverà anche in tv? Leonardo: «Magari, almeno la smettiamo!».
Carlo: «Abbiamo appena annunciato le ultime tre date a gennaio. Dopo di che potrebbe andare in tv per l’ultimissimo appuntamento».
Questa ennesima esperienza assieme vi ha fatto scoprire qualcosa di più sulla vostra amicizia? Leonardo: «Dopo più di 30 anni li conosco a menadito. Carlo veniva a prendermi quando ancora non avevo la patente».
Carlo: «Abbiamo fatto un lungo periodo di gavetta assieme, che vuol dire cantine, discoteche, feste in piazza con i
ragazzini che ci tiravano i sassolini. Ci è capitato di tutto, ma ci ha dato forza, ci ha forgiati e ha consolidato la nostra amicizia».
Leonardo: «Ricordo un ultimo dell’anno in un ristorante: stavo in ginocchio su uno sgabello, il microfono aveva la pila scarica e il conto alla rovescia saltava di continuo. Sembravo Fantozzi».
Giorgio: «Invece a me in uno spettacolo di piazza dove credevo di dare il meglio, mi hanno lanciato un sacchetto con dentro un gatto morto».
Com’è nata la vostra amicizia? Carlo: «Nel 1982 dovevo presentare un programma in una tv locale toscana, “Un ciak per artisti domani”. Pieraccioni faceva l’imitatore. Quello prima di lui non aveva fatto ridere. Gli ho detto che aveva un minuto per farci divertire. E ci è riuscito, eccome. Giorgio l’ho conosciuto nel 1985 in un programma di Raitre. Lui imitava Renato
Zero».
Veniamo al tema della nostra copertina: il Natale. Che cosa rappresenta per voi? Giorgio: «A me piace tanto, c’è un’atmosfera meravigliosa. Ho tanti bei ricordi. E anche brutti, perché nel periodo di Natale è scomparso mio fratello».
Carlo: «Per me è sempre stato importantissimo perché significa famiglia. Quando il tempo ha iniziato a togliermi le persone che amavo è diventato triste, ma ora con mia moglie e nostro figlio Matteo è tornato quello felice di prima».
Leonardo: «Natale è dei bambini e degli innamorati, per cui da nove anni con la mia figliola lo vivo appieno».
Da piccoli come lo vivevate? Giorgio: «Ricordo una piccola delusione. Un anno trovai sotto l’albero un fucilino a tappo con il filo. Andai dagli amici tutto gasato, vestito da cowboy, ma uno di loro aveva ricevuto un mitragliatore. Ricordo la mia faccia. Mi sono sentito un primitivo in confronto a lui vestito da soldato americano». Leonardo: «Ricordo quando mi regalarono un mitragliatore... (e giù a ridere
tutti e tre, ndr). Era un’emozione incredibile quando mia mamma mi chiamava per dirmi che era passato Babbo Natale. Metteva i regali sotto la caldaia, forse perché non avevamo il caminetto». Carlo: «Avevo talmente poco durante l’anno che quel ragalino che arrivava era clamoroso, anche se era un fucilino a tappo. Eravamo solo io e la mia mamma, ma lei non mi ha fatto mai mancare il calore di una tavola apparecchiata, figuriamoci a Natale».
Giorgio: «Ma tu la poesia la recitavi?» Carlo: «Non avevo memoria, però mio cugino la recitava e io lo presentavo». Cosa chiedevate a Babbo Natale e non riuscivate mai a ricevere?
Carlo: «Io potevo chiedere qualunque cosa, tanto non arrivava. Anche il paio di jeans che ricevevo erano riciclati».
Giorgio: «Anch’io chiedevo senza ottenere, così mi sono stancato e nell’ultima letterina ho chiesto a Babbo Natale: “Fai te, se ti avanza qualcosa”. Ma i miei nonni, con i quali sono cresciuto, non mi hanno fatto mancare nulla».
Leonardo: «Mi scuso, ma io invece ho avuto un’infanzia fantastica. Arrivavano i regali e c’era molta felicità. Più che chiedere doni, dicevo ai miei di non fare un fratellino, volevo essere il protagonista».
Oggi cosa augurate ai vostri amici? Carlo: «La salute e a Giorgio un figlio». Giorgio: «Sono d’accordo. Oggi ho capito che la cosa più importante è la salute e la auguro a entrambi».
Leonardo: «Io auguro a entrambi la serenità, che è la temperatura ideale dell’anima».
La dimostrazione di affetto più bella che avete ricevuto? Giorgio: «Quando è mancato mio fratello, Leonardo è venuto al funerale in Versilia da Firenze con la sua macchina, da solo. Lo ha fatto con il cuore, perché so quanto odia spostarsi. Carlo ne
ha fatti tanti di gesti per me, se ho un problema chiamo lui perché ha sempre sangue freddo e sa tranquillizzarti». Carlo: «La nostra amicizia, e la crescita professionale che abbiamo avuto insieme. Sono i fratelli che non ho avuto».
Giorgio: «Puoi dirlo, che sono venuto a pulirti casa. Ho anche apparecchiato!».
Leonardo: «Quando stiamo insieme non ci annoiamo mai: danno un pizzicorino alla vita».
Famiglia per voi è…
Giorgio: «Per me è rappresentata dalla mia fidanzata Claudia, da un canetto piccolino che si chiama Pocky, e da una specie di labrador, Luna».
Carlo: «Da otto anni sono passato dal mio egoistico “io” a “noi”: io, mia moglie Francesca e Matteo».
Leonardo: «Ho mia mamma, mia figlia Martina, sua madre Laura, amici e parenti. E ci metto anche Firenze: una città che mi ha sempre fatto restare con i piedi per terra».
Carlo: «Anche per me è fondamentale rimanere con i piedi per terra. La domenica vado a cena con gli amici di sempre che la mattina si alzano presto per andare a lavorare, ti raccontano le difficoltà di arrivare a fine mese e ti rimandano alla realtà. Abbiamo una vita agiata ma normale. Facciamo la spesa al supermercato e mi fa ridere che la gente si stupisca di incontrarmi lì».
Nello spettacolo c’è una bella canzone che Leonardo dedica alla figlia. Leonardo: «Dico spesso a Carlo che abbiamo avuto fortuna. I figli diventano ancore di salvezza meravigliose, con loro hai un vero obiettivo, uno scopo, che è farli crescere bene, sani e felici».
Giorgio le manca non essere papà? Giorgio: «Sono un genitore mancato. Ho l’indole del padre, poi sublimo con i cani, ma non è detta l’ultima parola». Carlo: «Noi come si fanno i bambini glielo abbiamo spiegato (ride)».
E finiamo con i buoni propositi per il 2020, che purtroppo sarà bisestile. Leo: «Ci rassegneremo al fatto che la Fiorentina non vincerà il Campionato, neanche il prossimo anno». Carlo: «Non sono scaramantico». Giorgio: «Neanch’io, ma chiederei che succedesse qualcosa anche alla Juve. Che la sfortuna arrivi un po’ anche a lei!». Carlo: «Meno male che a Torino ci siamo già esibiti...». ■