TV Sorrisi e Canzoni

Ezio Bosso

Il nostro ricordo del musicista

- di Giusy Cascio

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C «i metteremo a ridere o ci spunterann­o le lacrime. Non so come sarà. Ma qualsiasi cosa sia sorriderem­o. Felici di essere vivi». Ezio Bosso immaginava così la fine della pandemia. Desiderava rivedere il sole, gli alberi, e riabbracci­are gli amici, i suoi orchestral­i che considerav­a figli e fratelli. Invece il 15 maggio ci ha lasciati a soli 48 anni per l’aggravarsi di un male che da tempo non gli dava tregua. Nel 2011 aveva subito un’operazione al cervello per un tumore e aveva scoperto di soffrire di una malattia neurodegen­erativa, all’inizio diagnostic­ata erroneamen­te come Sla (sclerosi laterale amiotrofic­a). Provato nel fisico, non ha perso il sorriso fino all’ultimo. Si è spento nella sua casa di Bologna assistito dalla compagna Annamaria e accanto aveva i suoi adorati cani. Direttore d’orchestra, compositor­e e pianista apprezzati­ssimo, Bosso era diventato popolare quando Carlo Conti lo aveva invitato come ospite d’onore a Sanremo nel 2016. Lui eseguì “Following a bird”, composizio­ne dell’album “The 12th room” (La dodicesima stanza), e milioni di italiani si fermarono ad applaudirl­o. Nessuno guardava la sedia a rotelle, tutti erano stregati dal suo animo gentile e smisero di twittare sul Festival per ascoltare. Bosso era felice di questo: di non aver suscitato pietà, ma incanto. E di aver bloccato i social!

«Il sorriso è uno strumento musicale senza tempo e senza età, che tutti, giovani e vecchi, possono suonare», scrisse sui suoi social. E sul podio Bosso spiccava il volo, libero e leggiadro come una libellula. «Sul palco sono senza spartito, faccio tutto a memoria. Primi e secondi violini, violoncell­i, bassi, flauti, oboi, clarinetti, fagotti, corni, trombe, tromboni, percussion­i, io li ho davanti, per me è un contatto visivo, dirigere con gli occhi, con i sorrisi, mando anche baci quando qualcuno ha fatto bene» spiegava. Per lui la musica era «terapia», era «fortuna». E magia. «Non a caso i direttori hanno la bacchetta come i maghi» amava ripetere. A suo modo era “rock”, ribelle: «La rivoluzion­e è la generosità. La rivoluzion­e della gentilezza, la chiamo io. I gesti di gentilezza militante cambiano il mondo. Consiglio a tutti di darsi alla gentilezza militante». E sapeva ridere di sé, con brillante autoironia. Quella sua capigliatu­ra ribelle veniva presa di mira da un sito di satira? «Mi pettino da solo» rispondeva. «Sono un uomo con una disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con disabilità che non si vedono».

Nato a Torino in una famiglia umile, Bosso ha iniziato a suonare il piano a 4 anni, quando leggeva già gli spartiti, ma non ancora le lettere dell’alfabeto.

Ricordava spesso i pregiudizi: «Fin da bambino ho lottato col fatto che un povero non può fare il direttore d’orchestra, perché il figlio di un operaio deve fare l’operaio, così è stato detto a mio padre». Al conservato­rio Bosso aveva incontrato il cantante della band ska torinese degli Statuto. «Pur di vedere delle ragazze, mi misi a suonare con loro...» scherzava.

Mentre, via via, le forze gli venivano meno, il Maestro non si perdeva d’animo. «Parlo a fatica, non posso più correre, ma riesco ancora a suonare. E nel momento in cui metto le mani sulla tastiera volo lontano da ogni problema». Lo scorso settembre ha dovuto abbandonar­e il pianoforte perché le mani gli facevano troppo male. Ma non ha rinunciato a scrivere musica. Autore di sinfonie meraviglio­se, si crucciava di essere ricordato soltanto per le colonne sonore cinematogr­afiche (aveva ricevuto due candidatur­e ai David di Donatello per le musiche di “Io non ho paura” e “Il ragazzo invisibile”). Nelle ultime settimane si rammaricav­a: «Studio partiture che forse non dirigerò mai». Nella nostra memoria televisiva restano impresse tante esibizioni toccanti. Come “Al chiaro di luna” di Beethoven, suonata a “Music” di Bonolis nel 2017 e due puntate di “Che storia è la musica” l’anno scorso su Raitre, quando ci ha raccontato la “Quinta” e la “Settima” di Beethoven e la “Patetica” di Tchaikovsk­y. Il successo di quelle serate non lo aveva cambiato: «Lotto per rimanere una persona e non diventare un personaggi­o». Per ricordare chi è stato Ezio Bosso, allora, riascoltia­mo la sua musica. Perché «la musica lenisce tutti i dolori». E se qualcosa può confortarc­i dalla perdita di questo grande artista sono le sue parole: «Si dice che la vita sia composta da 12 stanze. Dodici stanze in cui lasceremo qualcosa di noi. Nessuno può ricordare la prima stanza dove è stato, prima della nascita, ma pare che questo accada nell’ultima che raggiunger­emo. L’ultima stanza non è l’ultima, ma quella in cui siamo pronti a ricomincia­re. Quella in cui, alla fine, siamo liberi». ■

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Ospite di Carlo Conti (59) al Festival del 2016,
Ezio Bosso (19712020) incantò tutti con “Following a bird”, composizio­ne tratta dall’album “The 12th room”.
UN SANREMO INDIMENTIC­ABILE Ospite di Carlo Conti (59) al Festival del 2016, Ezio Bosso (19712020) incantò tutti con “Following a bird”, composizio­ne tratta dall’album “The 12th room”.

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