PAPERISSIMA SPRINT
si arrabbiava sempre quando noi vincevamo. Un giorno si mise a rincorrermi per picchiarmi e io mentre fuggivo sono ruzzolata davanti a tutti. Lei era soddisfatta. Io un po’ meno...».
Mikaela: «Alle elementari mia mamma mi aveva messo una gonnellina che si chiudeva con un gancetto che a volte si apriva. A ricreazione eravamo tutti in corridoio, il gancetto si è rotto, la gonna è scivolata e io sono rimasta in mutande. È stato così umiliante che me lo ricordo ancora».
Sul podio
Brumotti: «Al primo posto, di tutte le mie figuracce metto un servizio in cui dovevo proclamare: “Riappropriamoci del territorio, dato il protrarsi della situazione, ci appropinquiamo”. Lo dicevo mentre ero in bici e mi arrivavano pure delle sassate. Poi c’è stata la volta che per “Striscia” andavo ad attaccare finti escrementi sulle macchine parcheggiate nei posti per disabili. Aspetto furioso per due ore il proprietario e quando arriva è in sedia a rotelle: si era dimenticato di esporre il tagliando dei disabili!» ■
gente, senza consegnare tapiri, senza gli striscioni delle partite, senza pubblico in studio. Per motivi di sicurezza dovevamo contare su una riduzione del personale, si lavorava a rotazione, in distanziamento. Riunioni due volte a settimana e tutti con le mascherine: per fortuna siamo una squadra affiatata e ci si capiva anche solo guardandosi negli occhi».
Avete pure il record di inviati malmenati: 22 casi in una stagione.
«Le reazioni violente sono aumentate e così anche le cause giudiziarie, abbiamo sempre molte denunce. Mi sembra evidente che non molliamo. Il povero Vittorio Brumotti, con il Covid, andava in giro da solo con una telecamerina attaccata a un bastone e pieno di telecamere sul corpo».
Lo scorso settembre ha battezzato Striscia “la voce della resilienza”. Una premonizione?
«Io mi baso sempre su quello che sta per succedere o che succederà. La “resilienza” nasce in un momento molto caotico e frenetico. Dopo, casualmente, è arrivato il Covid. Ma il bisogno di fermarsi e ragionare in termini diversi e “resilienti” c’è da un po’».
Ha già scelto il prossimo sottotitolo?
«Non ancora. Se fossi davvero profetico mi impegnerei anche sui numeri da giocare al lotto».
Quasi metà della sua vita è stata con “Striscia la notizia”. Ci pensa mai?
«Mi sono trovato questa giustificazione: io avrei comunque fatto “Striscia”. Nella mia vita c’è sempre stato il desiderio di essere informato, di non subire ingiustizie, resto male se qualcuno subisce un’ingiustizia. Ho questo spirito qui. Senz’altro la mia vita e “Striscia” coincidono».
Dell’altra metà cosa considera predominante?
«Prima di “Striscia” ho lavorato con grandi artisti, da Comencini a Walter Chiari,
Sandra e Raimondo, Gino Bramieri, Garinei... Ho avuto la fortuna di avere i piedi nel passato e la testa nel futuro. A 28 anni come autore firmavo “Fantastico”. Un funzionario Rai disse: “Come facciamo a dare il sabato sera in mano a un ragazzo?”. E io: “Allora come ospite perché non chiamate Luciano Tajoli invece di Miguel Bosè?”».
Cosa o chi le manca dei tempi passati?
«Mi capita di ripensare a “Te la do io l’America” o “Te lo do io il Brasile”, i viaggi con Beppe Grillo ed Enzo Trapani, gli artisti e i cantanti incontrati, Abbe Lane, Fonzie, Chico Buarque. Quando ci penso dico: “È passato tanto tempo!”. Ma non sono di natura nostalgico».
Ha un sogno televisivo nel cassetto ancora da realizzare?
«Tutti i miei sogni li ho messi sul letto e io dormo nel cassetto da un po’ di tempo».
Mai pensato: «Quando arrivo a 70 anni smetto»?
«L’avevo pensato a 40 anni. Ero realizzato, in tv avevo già fatto tutto. Per fortuna non ho smesso, perché poi sarei diventato un essere molesto in giro, nei cantieri, ai giardinetti...».
Le hanno dedicato tesi di laurea, premi, 30 Telegatti. Più onore o più responsabilità?
«Onori senz’altro, ma anche tanta responsabilità. Uno dei motivi della durata di un gruppo è che ci vuole uno che si prenda la responsabilità, le critiche, che ci metta la faccia e vada pure a giudizio».
Se prima o poi le dedicassero una statua che reazione avrebbe?
«Uscendo dal casello di Albenga, sulla rotonda, c’è la statua di un bambino e una bambina. Dovevano avere il volto mio e di mia sorella (essendomi opposto alla costruzione di alcuni grattacieli), ma non ho voluto. Fare le statue porta sfiga a chi è in vita. Io sono un anti-statua, sono dalla parte dei piccioni colitici. Nasco piccione e voglio morir piccione». ■