Nonno Ringo
Sono stato un bambino precoce almeno in una cosa (o per meglio dire, solo in una cosa): mi è piaciuta da subito la musica dei “capelloni”. A sette anni avevo i 45 giri dei Beatles, dei Rolling Stones e degli Who. La passione per quella che allora si chiamava “musica pop” era tale che sapevo tutto di gruppi e cantanti, pur essendo alle elementari. Finché arrivò il giorno della Prima Comunione. Direte: che c’entra? C’entra, perché malauguratamente me ne uscii con una frase che mia mamma non apprezzò: «Appena potrò decidere io, mi farò crescere i capelli come i Beatles». La mia severa genitrice non aspettava altro e mi portò dritto dal barbiere a cui disse, indicando la mia testa, solo due parole: «A zero!». E così fu, come testimoniano le foto di quel giorno sacro e memorabile per ogni bambino, dove si vedono la mia espressione desolata e la capoccia rasata da cui spuntano due evidenti orecchie a sventola. Ho la sensazione di avervi già raccontato questa cosa, ma se è così ciò dimostra quanto continui a patire per quell’ingiustizia. Che è ancora più grande se guardate le foto a pagina 46, dove c’è un bell’articolo di Enrico Casarini sui Beatles e su Ringo Starr. Oggi i capelli “lunghi” come quelli dei Beatles li portano tutti, persino i nonni... come me. Semmai sono trasgressivi quelli rasati, tipo rapper. Anzi, quasi quasi vado dal barbiere, gli indico la mia testa e gli ordino: «A zero!».