Vanity Fair (Italy)

IO, MADRE SCELLERATA

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Armati di zaino (quello con cui andiamo a vedere il mondo) abbiamo deciso di portare nostro figlio con noi: una bella sera d’estate, il suo primo concerto, con le canzoni che ascolta da quando era nella pancia. E invece mi sono sentita dare della «madre scellerata», che con un bambino avrebbe dovuto starsene a casa, dall’addetto alla sicurezza (!) con cui mi ero lamentata per una piazza gremita all’inverosimi­le per i biglietti venduti oltre la capienza massima e l’accesso di persone senza biglietto. Ancora convinta di essermi imbattuta in un isolato caso di insensibil­ità, mi avvio a prendere la navetta per andare via, tentando di mandar giù la delusione (e la tristezza di fronte alle lacrime disperate del figlio di 7 anni dei nostri amici, scellerati anche loro). La «coda all’italiana» fa sì che non riusciamo a prendere la prima navetta né la seconda. All’arrivo della terza, con in braccio un bambino di un anno e mezzo addormenta­to, vengo spintonata e sorpassata da persone che, di fronte allo sbotto di mio marito, ci apostrofan­o come «disadattat­i» che «il bambino

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