Vi ricordate il Sud Sudan?
In Sud Sudan (repubblica del Centro-Est africano indipendente dal 2011, la più giovane della comunità internazionale) continua la guerra civile ed etnica. Scoppiata nel 2013 fra l’etnia dinka, cui appartiene il presidente Salva Kiir, e l’etnia nuer, di cui fa parte l’ex vicepresidente Riek Machar, cacciato dal governo dopo essere stato accusato di star preparando un colpo di Stato, ha provocato già due milioni di sfollati (e l’anno scorso, secondo i dati di Amnesty International, erano un milione). Il Sud Sudan ha 12 milioni di abitanti, due terzi dei quali a rischio denutrizione, ed è fra i Paesi più poveri del mondo. Due recenti rapporti, uno dell’Onu, l’altro di Human Rights Watch, accusano gli eserciti di entrambe le parti di stupri e omicidi. Gli ispettori della missione delle Nazioni Unite nel Paese, Unmiss, che ha costruito un rapporto grazie alle testimonianze di 115 persone, denunciano «abusi dei diritti umani su ampia scala» nello Stato di Unity, nel nord del Paese. «Alcune delle denunce più orribili documentate dai funzionari dei diritti umani dell’Unmiss», si legge nel rapporto Onu, «riguardano il rapimento e l’abuso sessuale di donne e ragazze, alcune delle quali sono state bruciate vive nelle loro dimore». Human Rights Watch ha documentato 63 casi di stupro, comprese violenze da parte di più soldati sulla stessa donna. Per non parlare di quelle picchiate o minacciate di morte. Solo una, intervistata da Hrw, dice di aver ricevuto cure mediche dopo le violenze. Non vengono risparmiati neanche i bambini, molti dei quali arsi vivi, come testimoniano le associazioni non governative. E i soldi raccolti per l’emergenza umanitaria, anziché essere utilizzati per curare le persone, migliorare le condizioni sanitarie e sociali, vengono usati per acquistare armi. Secondo Geoffrey Duke, dirigente del South Sudan Action Network on Small Arms, in Sud Sudan è stato speso un miliardo di dollari in armi. «Se c’è una cosa che ho imparato da questa guerra», dice Duke, «è che il cambiamento non avverrà se noi stiamo in silenzio”.