Datemi tregua
Preciso e rigoroso in teatro, FABIO CHERSTICH nella vita si muove con maldestrezza, «rompendo» oggetti ed emozioni. Il rimedio? Rifugiarsi nell’ordine di uno spazio vuoto
n agenda c’è un Barbiere di Siviglia, da lui trasformato in Opera Camion per il Teatro Massimo di Palermo e per il Teatro dell’Opera di Roma. Seguirà la sua regia di Bull al Teatro Franco Parenti di Milano: una zattera bianca con neon, stilizzazione di un ufficio, sarà lo spazio mentale in cui si muoveranno i protagonisti del testo di Mike Bartlett. Sono le prossime due tappe del lungo percorso di una giovane età, quella di Fabio Cherstich, già scenografo di una Madama Butterfly e del Ballo in maschera, set designer di un Flauto magico a Tenerife, assistente alla direzione di Favola e del Don Giovanni di Filippo Timi e ancora regista al Teatro Parenti di Terrore e miseria del Terzo Reich di Bertolt Brecht: «Un’estetica della sopravvivenza e dei suoi compromessi». Il senso della sintesi è la cifra rigorosa del regista che insegna Storia ed estetica del teatro contemporaneo, e del suo operare: «Scene maniacalmente raggelate, tagli di luce su sfondi monocromi, forte emotività e impianto mentale severo». Il teatro intreccia realtà e pensiero e parole, ma anche molta manualità, motivo per cui c’interessa il percorso di Cherstich, infinite ore di lavoro focalizzate sul costruire scene, tenuto conto che il suo segreto – in antitesi con una carriera scenografica – è la maldestrezza, diciamo pure distruzione: «In teatro ho messo tutta la precisione che nella vita non ho, perché sono un gran casinista». Fabio si distingue, fin da piccolo e senza alcun miglioramento, per innata capacità di demolire ciò che lo circonda, persino un bidet con un piede, senza armi aggiuntive al suo mal-muoversi: «Potrei ripercorrere le tappe del
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