LA LIBERTÀ È UNA CELLA
In Corea del Sud per combattere lo stress si va all’albergo PRIGIONE. L’ideale per evadere
i chiama «la prigione dentro me». «Alcuni rimangono impressionati quando leggono il titolo del programma “Prison Inside Me”, ma è una metafora dei nostri limiti, non una vera prigione», spiega la direttrice Jihyang Noh, cinquantenne, che nel 2013 ha inaugurato con il marito un luogo di soggiorno anti-stress nella periferia di Nammyeon, 90 chilometri a est di Seoul. Composto da tre edifici austeri che richiamano il rigore di un carcere, e con camere che sono vere e proprie celle di circa 6 metri quadrati, è circondato da boschi e colline. Scopo dichiarato: aiutare le persone a ritrovare se stesse in un Paese, la Corea del Sud, con un numero di suicidi fra i più alti al mondo: 43 al giorno, secondo i dati del governo.
SChi ha avuto lÕidea di questo posto? «Mio marito Kwon Yong-seok. Circa 15 anni fa faceva l’avvocato e stava vivendo un periodo difficile al lavoro. Desiderava prendersi una pausa, ma non poteva farlo. Ha avuto così l’idea della prigione: una cella sarebbe stato l’unico modo per riuscire a fermarsi per poter ricaricarsi e riprendere il controllo della propria vita. Cinque anni fa
abbiamo iniziato i lavori: poi, nel 2013, lo abbiamo inaugurato».
Come funziona il centro? «Abbiamo due programmi, per gruppi e per singoli. Di solito più uomini che donne. Si resta 3 o 8 giorni. Con un monaco buddista si fa meditazione, con un prete cattolico si affrontano i sentimenti di rabbia,
sensi di colpa e ossessione, e con me si fa auto-introspezione».
Che cosa succede di preciso? «All’arrivo agli ospiti viene consegnata una uniforme blu con un numero identificativo da indossare, viene chiesto loro di consegnare i cellulari, poi vengono portati in camera. Le stanze hanno solo un bagno, un lavandino e un tavolino. I partecipanti dormono su un futon, a terra. Nelle strutture non ci sono orologi.
I pasti sono serviti tramite uno sportellino nella porta».
Non si esce mai di ÇcellaÈ? «Solo la notte le camere sono chiuse a chiave. Di giorno, si può restare o uscire: attorno alla prigione c’è un bosco che abbiamo chiamato “foresta della meditazione” dove i partecipanti possono passeggiare. In gruppo poi si possono fare gli enneagrammi, una terapia per capire
la propria personalità e gli altri, e lezioni spirituali».
Gli utenti che cosa fanno nella camera? «Meditano. Pregano. Qualcuno scrive lettere. A volte alcuni guardano semplicemente fuori dalla finestra per ore, perché la loro vita
quotidiana non gli permette di concedersi momenti simili».
Qualcuno ha mai lasciato il programma prima della fine? «No. I partecipanti sono soddisfatti, alcuni tornano tre, quattro volte». PerchŽ i coreani hanno bisogno di un posto come questo?
«La società coreana è molto veloce, competitiva, piena di stress, ma è un problema di tutti, un fenomeno mondiale».
Quanto costa fare il programma? «250 mila won (circa 190 euro) per il programma da 3 giorni e 500 mila won (circa 380 euro) per il programma da 8 giorni».
Ha mai provato il programma? «Sì, con mio marito lo proviamo regolarmente
una o due volte l’anno».