Vanity Fair (Italy)

La felicità dei numeri secondi

Gli URBAN STRANGERS, Alex e Genn, erano i grandi favoriti di X Factor, ma il successo l’hanno solo sfiorato. Dispiaciut­i? No: per loro che a scuola erano «gli sfigati», c’è ancora tempo per crescere. Magari lontano dall’Italia

- di RAFFAELLA SERINI

Ogni tanto si fermano a chiedere scusa: perché sono stanchi («abbiamo dormito zero»), perché spettinati («se mi tolgo il cappello è una cosa angosciant­e: tengo i capelli schifosi»), perché bevono per schiarirsi la voce. Gli Urban Strangers sono il duo di X Factor 9 che ha sbancato i social e che con l’inedito Runaway ha scalato le classifich­e insidiando Adele e Mengoni. Alessio Iodice (il moro) e Gennaro Raia (il biondo), 20 anni, erano i concorrent­i su cui tutti avevano puntato. Ma ad aggiudicar­si il podio è stato il collega «over» Giosada. Dispiaciut­i? Macché. «Siamo piccoli e dobbiamo crescere, migliorare. Gio aveva già la forza di sostenere tutto questo», dicono all’indomani della finale. Sembrano quasi felici per essere arrivati secondi e non primi. «Può essere!», ridono all’unisono, sfoderando quella sincronia perfetta che li ha resi (in)credibili sul palco. L’hashtag del giorno è #IAmAnUrban­Stranger. Che effetto fa? Gennaro: «Ho acceso il cellulare e sulla chat mi arrivavano duemila messaggi al secondo. Non si fermava più. È un trip». Avete già nostalgia di normalità? G.: «Un po’, ma se ritorna significa che le cose non vanno bene, quindi meglio così». Alessio detto Alex e Gennaro detto Genn sono entrambi di Somma Vesuviana, si sono conosciuti 4 anni fa e «abbiamo subito cominciato a suonare insieme». E il nome? «Urban e Stranger sono due cose opposte, come noi». Chi è Urban e chi Stranger? Alessio: «Di solito Gennaro è stranger e io urban, ma spesso ci invertiamo. Musicalmen­te io sono per il pop e il rap, lui spazia tra robe più strane: il post-rock, la musica elettronic­a di nicchia». In inglese è ancora difficile farsi strada in Italia? G.: «Per noi non è una scelta ma un’indole. Io non sono mai stato all’estero né ho mai fatto una lezione – e si sente – però ascolto musica straniera da quando sono piccolo. E scrivere in inglese mi viene naturale». In famiglia vi hanno sempre sostenuto? A.: «All’inizio erano un po’ scettici e avevano paura. Ma quando sono iniziati i primi live – quelli in cui pagavamo noi per suonare – hanno cominciato a seguirci e aiutarci». A studi come siamo messi? A.: «Io ho finito il Liceo scientific­o». G.: «Io dopo un anno di liceo mi ero iscritto all’alberghier­o: mi hanno bocciato al terzo, ho fatto il quarto e poi ho mollato. Di studiare non me n’è mai importato molto, ho sempre voluto fare altro, che c’entrasse con l’arte». Senza X Factor che avreste fatto? G.: «La nostra intenzione è comunque andar fuori: per il nostro stile, per la lingua in cui cantiamo, vorremmo diventare bravi là dove si fa la nostra musica. X Factor è stata l’ultima carta da giocarci in Italia». Di già? G.: «Qui è difficile entrare in certi canali se non hai un tot di visualizza­zioni o non conosci certa gente. Prima di X Factor il nostro Ep l’avevamo proposto a gente che lo ha rifiutato e che adesso lo passa in radio. Eppure sono le stesse canzoni». Gennaro, il suo look tradisce una passione per gli anni ’90. «È il periodo in cui è nata tutta la musica che più mi piace: hip hop, grunge, postrock. Mi sento un ragazzo anni ’90 del 2015. Né nerd né asociale». In Rete impazza il toto-single. Su, ragazzi, facciamo chiarezza. A.: «Io confermo il nome che gira (Eleonora, ndr), però già prima di X Factor abbiamo avuto problemi e non stiamo più insieme». G.: «Io sono abbastanza felice di essere single». A.: «Non circola nessun nome su di te?». G.: «Sono bravo a nascondere». Ah, si è tradito. G.: «Ho avuto una storia lunga di 4 anni, ma ora sono solo e sbronzo». Altri hobby, a parte la musica? A.: «Perdere tempo. E mangiare». Piatto preferito? G.: «Guardi che a lui basta un salatino, deve solo masticare: è più un tic». A scuola che tipi eravate? A.: «I loser, gli sfigati. Infatti il pezzo Loser di Beck che abbiamo cantato l’ho sentito tantissimo». G.: «C’è stato un periodo in cui facevo il rivoluzion­ario, organizzav­o le manifestaz­ioni: “Non abbiamo il sapone in bagno” e via 10 giorni di filone. Mi hanno bocciato per le assenze. Ma avere una cultura mi piace, mi fa star male essere stupido». E come si «alimenta»? G.: «Dalla musica tantissimo: certi testi sono cinema, letteratur­a. E mi piace collegare la musica al contesto e all’epoca in cui si è sviluppata». Alessio, in trasmissio­ne ha promesso a suo padre di restituirg­li tutti i soldi che vi ha prestato per cominciare a suonare. A.: «È stato il primo ad avere investito su di noi: dovevamo fare una serata e ci ha comprato tutto l’impianto. Ma noi lo abbiamo rotto subito perché non sapevamo usarlo. Abbiamo fatto X Factor anche per questo: per ricomprarc­elo».

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FOTO CHIARA MIRELLI
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Gli Urban Strangers nella finale con Fedez, 26 anni, il giudice che quest’anno ha guidato la squadra
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CON IL «CAPO» Gli Urban Strangers nella finale con Fedez, 26 anni, il giudice che quest’anno ha guidato la squadra dei Gruppi.

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