Vanity Fair (Italy)

NOIOSISSIM­I GIORNI

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Un selfie scattato in bagno da Emilia Clarke, 29 anni, la Daenerys del Trono di Spade. e lungo di un albergo di Vicenza dove ho dormito dopo una bellissima presentazi­one di un libro. C’è quello che non c’è: in una yurta in Mongolia. Ce n’è uno che ho visto nascere, per cui ho tifato mentre veniva montata la tenda per la doccia, ce n’è un altro che ho visto abbandonar­e e dove la mia amica Elisa, prima di traslocare, ha voluto che tutte le persone a lei care scrivesser­o qualcosa sullo specchio. C’è quello dei miei genitori, a Roma, c’è quello di una casa a Pieve di Cadore dove mi basta in larmi nella vasca per sentire la voce di mia nonna che, da bambina, mi diceva di non stare troppo ammollo, ché l’acqua è calda, hai la pressione bassa. Ma quelli che trovo più struggenti, rileggendo i miei appunti, sono i bagni in cui, molto presumibil­mente, non metterò mai più piede: e in cui non avrei potuto ricordare di essere entrata, se non l’avessi scritto sul mio quadernone. Si tratta del bagno in un autogrill dove mi sono fermata durante un qualche viaggio in macchina troppo lungo per non spezzarlo con una pausa, del bagno in una pizzeria tristissim­a, ma che era l’unica aperta quella notte e a quell’ora, a Trapani, quello di un bar in una stazione di provincia dove ho cambiato treno. Bagni anonimi, senza nessuna pretesa di diventare memorabili, bagni progettati perché si passi di lì, si faccia una pipì e si vada avanti, verso una speranza, o magari indietro, verso una nostalgia, ma comunque non ci si fermi. E mi è salita, inarrestab­ile, una commozione per tutti quei giorni di tutti quegli anni, e dunque di questo 2015, dove non ci succede niente, ma proprio niente di speciale. Fra 365, sono sempre e comunque la maggior parte, per ognuno di noi. Una maledizion­e? Forse. Una benedizion­e? Sempre. All’improvviso, questa massa indistinta di giorni non mi sembra a atto inutile: ma mi si rivela come un allenament­o a perché qualcosa di enorme – un dolore, un amore – ci sorprenda, quelle dieci volte l’anno. Dobbiamo essere preparati, quando succede. Dobbiamo essere forti. C’è bisogno di un’in nità di chiacchier­e insensate, di bollette da pagare, multe, telegiorna­li delle otto. Bagni di un autogrill dove non entreremo mai più. Dunque festeggiam­o i giorni fatti così. E speriamo ce ne siano almeno 355, nell’anno che arriva.

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