Vanity Fair (Italy)

NON È UN DERBY

- di DARIA BIGNARDI

Avol t e quasi mi imbarazzo di quanto tengo alla famiglia. Mi dico che dovrei essere più indipenden­te, più evoluta, più moderna. Che in fondo tutta l’umanità è la mia famiglia eccetera. Però poi ammetto che niente mi fa star bene come un pranzo in famiglia, un viaggio in macchina coi figli dietro, un pranzo di Natale dove si litiga poi ci si abbraccia, si mangia troppo, si gioca a tombola. Tutti i miei libri, dal primo all’ultimo, parlano della famiglia. Il primo, Non vi lascerò orfani, in Germania è stato tradotto col titolo Una famiglia molto italiana, come in effetti era la mia famiglia d’origine. Con la Fiat, l’appartamen­tino sulla riviera romagnola, i fiori per la festa della mamma, la visita ai nonni al cimitero. Una famiglia grondante affetto, sentimenti, litigi, pranzi, discussion­i. Una famiglia molto tradiziona­le, alla quale mi sono ribellata quando era giusto ribellarsi, rimanendol­e però sempre devota e fedele. Io la amo anche troppo, la famiglia. E sapete di che cosa parlo, perché immagino succeda anche a voi. Se qualche anno fa mi avessero rapito gli alieni e mi rilasciass­ero oggi, e mi chiedesser­o se voglio andare al Family Day, una manifestaz­ione a favore della famiglia, rispondere­i: «Certo. Nulla mi è caro come la famiglia». E se mi dicessero che il Family Day è una manifestaz­ione organizzat­a contro qualcun altro, non ci crederei. Come non ci ho creduto quando venerdì scorso, la sera prima della manifestaz­ione arcobaleno del 23 gennaio, ho visto la scritta «Family Day» sul Pirellone. Sembrava uno scherzo. Perché, dal momento che gli alieni non mi hanno rapita, so che per Family Day oggi s’intende una giornata per dire che la famiglia è solo dove ci sono un maschio e una femmina che contraggon­o matrimonio e procreano. Ma non è così. Non è un derby famiglie tradiziona­li contro famiglie alternativ­e. Non ci sono due squadre che si affrontano. Tutti quelli che si amano tanto da voler formare una famiglia devono avere il diritto di farlo, succede in tutto il mondo e con grandissim­o ritardo finalmente sta succedendo anche da noi, e ne siamo felici, perché amiamo la famiglia. Dove c’è amore, impegno, cura e responsabi­lità, là c’è una famiglia. Le famiglie arcobaleno, che di fatto già esistono e sono moltissime, non tolgono niente alle altre famiglie. Senza contare il fatto che le nuove famiglie, le famiglie osteggiate, spesso ci mettono molto più impegno di quelle che non hanno dovuto lottare per esistere. Non facciamo diventare la giornata di sabato 30 gennaio il giorno del confronto, di quanti saranno «loro» e quanti eravamo «noi». Io mi rifiuto di pensare che esistano un loro e un noi. C’è uno Stato, e uno solo, che deve regolare i diritti di tutte le persone che si amano e vogliono ufficializ­zare e proteggere la loro unione. Tutto il resto non conta, nemmeno gli scherzi da Pierino di chi s’inventa lo striscione ultras con le luci di un ufficio pubblico. A pensar male, direi che quei Pierini sanno che la Storia non la puoi fermare, e cercano di illuminare la loro esistenza, di questi tempi poco sfolgorant­e, alimentand­o un derby che, come tutti i derby, chiama gli estremisti alle armi. Non abbocchiam­o: non ci sono buoni e cattivi, noi e loro, tradiziona­li e alternativ­i, sacri e profani. C’è solo l’amore, che proprio non lo puoi fermare.

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