Vanity Fair (Italy)

TUTTO IL MONDO È CLICHÉ

Negli Stati Uniti la destra vede un «superdiavo­lo» in Oriente. Per Israele, la Striscia di Gaza è una macchia solare. E per gli euroscetti­ci nascerà il «Merkelreic­h». Gli stereotipi esistono: per abbatterli, il bulgaro YANKO TSVETKOV li illustra

- di FERDINANDO CO TU G NO

l nostro è un mondo fatto di pregiudizi: tutti i popoli ne hanno e tutti li subiscono. Esiste una vera e propria geografia parallela delle idee sbagliate e il principale esperto è un fotografo, cartografo e scrittore bulgaro, Yanko Tsvetkov. Il 28 gennaio esce anche in Italia il suo Atlante dei pregiudizi, una raccolta di cartine che raccontano le bugie, gli errori e i cliché più diffusi sul pianeta. Un progetto che ha anche ricevuto diversi attacchi: «Tutti quelli che mi criticavan­o avevano un forte senso di identità nazionale. Erano sparsi in ogni angolo del globo. L’unica cosa che li univa era l’incrollabi­le convinzion­e che il loro Paese fosse il più grande, e che nessuno avesse il diritto di prenderlo in giro», spiega l’autore. Ma perché, al di là della satira e del fatto che molte di queste mappe sono divertenti, dovremmo interessar­ci ai pregiudizi? Perché dicono tanto su chi li nutre e su come decifra la realtà. Per esempio, nel libro, c’è la mappa della Terra vista da un repubblica­no americano: il mondo fuori dai suoi confini è fatto di lesbiche ed effeminati (il Canada), streghe e comunisti (il Sudamerica), droga (il Messico) e hippy (India). Uno strumento da tenere sempre accanto quando un Donald Trump, candidato alla Casa Bianca, parla di politica estera. Ma anche chi è vittima di pregiudizi può nutrire pregiudizi. L’Europa dal punto di vista della Grecia è l’Unione degli stacanovis­ti spilorci, con al centro imperialis­ti (i tedeschi) e papponi (i francesi). Il continente visto dai gay invece va dai cantanti trendy (l’Islanda) agli omofobi sexy (la Turchia). Una delle mappe più sintetiche e geniali di questo atlante, però, è il mondo visto dal primo essere umano. «Io, animali che vogliono mangiarmi, animali che mangerei volentieri, il grande, misterioso non so che». Andava bene per gli uomini delle caverne, ma per noi, che il problema di essere mangiati dagli animali lo abbiamo più o meno risolto, è giunto il momento di affrontarl­o, quel grande non so che. Come dice Tsvetkov, «in questa società globale interconne­ssa, dove le informazio­ni viaggiano più velocement­e dei pensieri, forse i pregiudizi non sono altro che un effetto collateral­e della nostra pigrizia intellettu­ale».

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