CANCRO DI MERDA, IO BALLO
Una visita di routine, il nemico peggiore. FRANCESCO ACERBI l’ha sfidato. E oggi è in campo, tra Serie A e Nazionale, più forte di prima
Aluglio di tre anni fa, Francesco Acerbi era stato appena acquistato dal Sassuolo e stava facendo quelle visite mediche che nelle notizie di calciomercato vengono raccontate come «una formalità». Per lui non sono state una formalità: Francesco, hai un tumore al testicolo. Si è operato e l’intervento è andato bene: uno a zero. La malattia però è tornata: quattro cicli di chemioterapia, al termine dei quali Francesco ha avuto l’idoneità per tornare a giocare: due a zero. Oggi, a 27 anni, è uno dei difensori di miglior rendimento della serie A,i l suo Sassuolo a sorpresa è nella parte alta della classifica e lui ha esordito in Nazionale: tre a zero. Il 30 gennaio tornano le Arance della salute di Airc, in 2.500 piazze e 600 scuole, a sostegno della ricerca contro i tumori. E Francesco, che sta creando un’associazione con il San Raffaele di Milano per sensibilizzare i più giovani alla prevenzione, è una delle persone migliori per raccontare come questa partita la si può davvero vincere, e vincere bene. Mi racconta la prima diagnosi? Che cosa ha pensato? «E mo’? E mo’ che faccio? Non sapevo come comportarmi, se avere paura o no. È una delle cose più difficili quando ti diagnosticano un tumore. Non sai nemmeno che cosa pensare, sei impreparato, pensi: ma proprio a me?». È stato più difficile gestire l’arrivo o il ritorno della malattia? «La prima non me l’aspettavo, la seconda ho pensato: va bene, ancora. Sai di aver già vinto, sai che ce la puoi fare. Della chemio non immaginavo il dolore, la fatica fisica, la fatica mentale. Ma è come quando ti arriva un attaccante di fronte, non puoi mollare, devi stare concentrato e affrontarlo». Come ha combattuto lei? «La mentalità ti salva la vita. A volte stavo così male da non reggermi in piedi e mi dicevo: non mi faccio sconfiggere da questa merda di malattia. La testa comanda il fisico. Se ti lasci andare, il corpo si arrende. E ti salva non avere paura di morire. Anche durante la chemio, devi cercare di vivere lo stesso, vivere bene, vivere il più possibile. Io andavo a ballare». I risultati dicono che lei è tornato un calciatore migliore: come se lo spiega? «Prima ero meno concentrato, avevo perso la grinta, forse un po’ di passione. Dopo la chemio sono tornate le ambizioni, non so spiegarlo, ho sentito un click, avevo ritrovato la voglia di lottare e non mi è più passata. La malattia mi ha insegnato che lottare paga. E che, come il calcio, non è un gioco che si affronta da singoli». Andava a trovare i compagni mentre si stava curando? «Prendevo la bici dopo la chemio e andavo a vederli allenarsi. Non mi hanno mai trattato come uno con la malattia. Anche perché se qualcuno mi chiedeva: “Come stai?”, gli rispondevo: sto molto meglio di te, questo è poco ma sicuro. Sono stati bravi a capirlo, mi hanno trattato come un infortunato, non come un malato». Quando arriva qualcosa di bello sul campo, un gol o l’esordio in Nazionale, pensa a quel periodo? «In campo puoi pensare solo a giocare. Però quando mi riscaldo, o quando mi alleno, penso che sono stanco e poi: non puoi essere stanco, te la ricordi la malattia? Mi dà una carica in più». Francesco, e se dovesse stare di nuovo male? «Non ci penso neanche. Se la malattia deve tornare, torna e mi trova qui. Se torna sono cazzi suoi, io ho già vinto due volte». Ferdinando Cotugno